Perché Londra continua a variare le regolamentazioni sulle «listings», anche per le aziende italiane?

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Londra ha già seguito questa strada in passato, modificando repentinamente le regolamentazioni per accogliere la quotazione di Saudi Aramco nel tentativo di «battere» New York. 

Il continuo aggiornamento della suite di elenchi e regolamentazioni di governance è un problema per il Regno Unito

Il continuo aggiornamento della suite di elenchi e regolamentazioni di governance è uno dei maggiori problemi per il Regno Unito, insieme alla riforma delle pensioni a lungo termine, la ricostruzione di una base di investitori nazionali in calo e la chiusura di uno sconto sulle valutazioni nato in parte dalla Brexit e dalle disfunzioni politiche.

Questo fenomeno ha origine antiche, da quando il Regno Unito ha suggerito di responsabilizzare i direttori del consiglio di amministrazione per l’approvazione dei controlli interni sull’informativa finanziaria, e da quando la reazione a questo provvedimento è stata furiosa – in particolare da parte dei big players della City.

Ovviamente, anche in questo caso, si è dato credito alla metodologia sbagliata di affrontare il problema: cioè, fissarsi sulle lamentele individuali dietro ogni migrazione aziendale, piuttosto che guardare al quadro più ampio.

Questo infatti, se propriamente analizzato, evidenzierebbe come le aziende più facoltose sono più desiderose di entrare in un ambiente ostile – come quello delle regolamentazioni americane del Sarbanes-Oxley Act: cioè il cosiddetto capitalismo trimestrale, supervisionato dalla Securities and Exchange Commission che è così oneroso e a breve termine da essere stato eliminato come requisito del Regno Unito nel 2014 a favore di segnalazioni meno frequenti – semplicemente perché attratte da un pool di capitali più grande e più liquido che attualmente tende a distribuire valutazioni più elevate rispetto al mercato britannico.

Visti questi casi, sembra sciocco puntare il dito contro il regolatore. Londra ha già seguito questa strada in passato, modificando repentinamente le regolamentazioni per accogliere la quotazione di Saudi Aramco nel tentativo di battere New York.

Non è successo e la nuova categoria sovrana creata all’interno delle regole di quotazione premium non è mai stata utilizzata, e, in ogni caso, tale errore non avrebbe necessariamente garantito l’inclusione nell’indice, dato che la decisione su quest’ultimo spetta a FTSE Russell.

Andrebbe sempre ricordato quindi che gli aspetti negativi di una quotazione negli Stati Uniti vengono superati e accettati come un costo necessario per fare affari lì, come dovrebbe capitare per Londra – anche per le aziende italiane che possono permetterselo, come per esempio Lavazza, Intesa Sanpaolo e Stellantis.

Francesco Ghanaymi
Francesco Ghanaymi
Nato a Milano, mi sono prima laureato con lode in business e management a Houston, e poi - sempre con lode - in giornalismo a Londra. Credo in ordine: nella sostenibilità economica, nell'inclusione sociale e nella salvaguardia ambientale.

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