Nome di battesimo: Mattia Sedda. Nome d’arte: Mattia Sedda.
Mattia, comico e fotografo, nato sotto il sole della Sardegna e trasferitosi sotto il cielo grigio, poi celeste, poi plumbeo, poi rosa, poi piovigginoso di Londra è assai autoironico, e badate bene che non è così scontato. Neanche per i comici. Nel suo sito racconta che recitare è sempre stata una parte importante della sua vita. A Londra ha frequentato il National Youth Theatre, e poi si è diplomato alla scuola di recitazione East 15 e all’École Philippe Gaulier. Folgorato sulla via di Damasco, Mr. Sedda successivamente si innamora delle fotografia e delle sue due grandi passioni ne fa un mestiere: dal 2020 infatti offre servizi di head-shot per attori basati a Londra, e fotografia teatrale.
Mattia Sedda (copyright Alexis Dubus Photography)
Il grande contenitore della vita adulta di Mattia è dunque il teatro e non si stanca mai di ribadirlo. Durante l’ultima puntata del 3,2,1 Action! la voce che si è alzata dal pubblico riflettendo sul fatto che il cinema è assai bello e glitterato, ma il teatro dove lo mettiamo? Era proprio la sua. Grazie Mattia, ricordarlo fa sempre bene al cervello e male al cuore.
Lui tiene a mente l’importanza di fare teatro e della potenza che quest’arte possiede. Personalmente sono una grande appassionata della sala, che sia cinematografica o teatrale, e veder chiudere in Italia tanti cinema indipendenti e teatri è stato doloroso quanto rappresentativo dell’urgenza che ancora una volta si ha nell’investire nelle nostre eccellenze che non possono essere circoscritte al cibo, alla moda e al design.
Travaso di bile a parte, e tornando a Mattia Sedda, noi Italian expats abbiamo la fortuna di poter assistere al suo nuovo spettacolo: la creatura di nome CHOIN che mescola umorismo assurdo e profonda nostalgia di casa, prendendo spunto dalle esperienze personali di Mattia. Un inno alla gioia e alla sfiga, dunque alla vita di un essere umano che insegue il sogno di recitare in un altro paese. Già di per sé una grande avventura.
Mattia Sedda, oltre a presentare CHOIN all’Edinburgh Fringe 2024, farà tappa al Phoenix Arts Club di Londra il 24 luglio. Noi saremo lì ad aspettarvi.
Andrà in onda il 23 luglio su Raidue “Generazione di fenomeni – La migliore squadra di Pallavolo del XX secolo “, il documentario Sulla Italvolley degli anni 90 con la colonna sonora di Dirmitri Scarlato.
A meno di un anno dalla presentazione londinese del libro d’esordio Bum Bum Bum, Luisella Mazza si racconta tra premi prestigiosi e l’arte di scrivere.
Luisella Mazza è una scrittrice genovese con base a Londra, ma con la valigia sempre pronta; ci concede infatti l’intervista nel bel mezzo del suo ultimo viaggio. Le sono personalmente grata perché intuisco la sua agenda tiranna non le lascia molto spazio.
Riprendiamo la nostra conversazione iniziata ante tempore del lancio londinese di Bum Bum Bumalla Estorick Collection of Modern Italian e scopriamo insieme cosa è cambiato da quando il battito di Oscar, protagonista del suo libro, l’ha portata lontano.
Luisella Mazza vince il Premio Troisi 2024
Cominciamo dall’oggi,ovvero dall’ultimo riconoscimento: vincitrice della XXIV Edizione Del Premio Massimo Troisi 2024 per Migliore Scrittura Comica organizzata dal comune di San Giorgio a Cremano. Puoi dirci qualcosa in merito alla tua partecipazione?
Grazie dell’entusiasmo! Vincere il Premio Troisi 2024 per la migliore scrittura comica è un grande onore ed una grande soddisfazione. La partecipazione al Premio Troisi è stata un’evoluzione naturale del percorso del mio esordio editoriale con il romanzo “Bum Bum Bum”. A partire dalla pubblicazione per Fazi editore a luglio dello scorso anno, il romanzo è stato accolto positivamente, con vari momenti particolarmente significativi che mi hanno portato da Londra a diverse città italiane.
Tra tutte ricordo con particolare soddisfazione la presentazioni in libreria a Firenze, Milano, Santa Margherita e Genova, la presentazione al Circolo dei Lettori a Torino, e le giornate del Book Pride Festival, con le conversazioni curate dalla scrittrice Ester Armanino e dalla giornalista Marzia Fontana. E poco dopo, ad ottobre dell’anno scorso, la nomina ad Ambasciatrice di Genova nel Mondo. Insomma, il battito di Bum Bum Bum si e’ sentito forte in tante occasioni.
Luisella Mazza alla Libreria Ubik di Santa Margherita. (copyright Benedict Davies)
Tra non molto scopriremo Luisella Mazza anche nella veste di giurato: fa parte infatti del panel giudicante del concorso letterario Match Point 2024, indetto come ogni anno dal Circolo (Chi siamo – Il Circolo) sotto il patronato del Consolato Italiano e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Chiediamo del concorso e in particolare del suo approccio come giurata, dei criteri di valutazione che intenderà’ adottare. Ci confida la scrittrice:
Proprio così, si tratta della mia prima esperienza da giurata nell’ambito della letteratura.
La giuria per il concorso MatchPoint
Questo concorso è una fantastica opportunità per chi ama scrivere in italiano e vive nel Regno Unito. L’organizzazione è guidata dall’Associazione il Circolo, in collaborazione con la scuola di scrittura Londra Scrive e con il patrocinio del Consolato Italiano a Londra. Il tema di quest’anno – “Futuro o no?” è quanto mai attuale, e ci invita a riflettere sul futuro nella più ampia accezione del termine. Si tratta della terza edizione del Concorso, che è cresciuto di anno in anno per partecipazione e prestigio. Uno degli aspetti che trovo particolarmente significativi nel bando di partecipazione è l’attenzione editoriale riservata ai partecipanti. Infatti, oltre ai quelli in denaro, tra i premi c’è anche la pubblicazione dei racconti finalisti su una delle più influenti riviste di letteratura contemporanea, LaCattedrale. Inoltre, ai tre finalisti verrà anche offerto un editing professionale del loro lavoro. Queste opportunità sono uniche nel panorama dei concorsi letterari, e testimoniano l’impegno degli organizzatori di MatchPoint a supportare l’entusiasmo ed il talento nello scrivere, anche attraverso riconoscimenti davvero d’eccezione.
Brevemente su come valuto uno scritto, credo che in primis per me sia fondamentale “sentire” la voce dell’autore. Se l’autore ha trovato un suo modo di esprimersi che sento originale e di carattere, penso sia un ottimo segnale di aver trovato uno scritto promettente.
L’esperienza con Londra Scrive
In passato hai parlato dell’utilità dei corsi di scrittura, nel tuo caso è stato Londra Scrive curato da Marco Mancassola. Puoi parlarci dei “tools” che questa esperienza ha aggiunto al tuo talento?
La scuola di scrittura Londra Scrive ed il percorso di editing svolto con Marco Mancassola sono stati per me fondamentali e hanno aggiunto molti strumenti cruciali per il mio esordio editoriale. Tra i più importanti per me c’è stato l’ascolto: ho potuto sperimentare il significato del trovare la propria voce narrativa. Infatti, spesso durante le lezioni ognuno di noi partecipanti condivideva i propri esercizi di scrittura settimanali leggendo a voce alta. Poter leggere e ascoltare diverse voci narranti è stato fondamentale per costruirne una originale. Un secondo strumento per me importante è stato avere orizzonti temporali regolari: scrivere con scadenze precise – ad esempio, settimanali – mi ha aiutata a trovare il ritmo per proseguire autonomamente anche successivamente ai corsi, durante il percorso di editing con Marco Mancassola.
Qualche consiglio che avresti voluto ricevere quando hai cominciato a scrivere?
Ricordarsi che scrivere è soprattutto riscrivere: ci si accorge dell’importanza dell’editing solo dopo averlo fatto. Con questo consiglio forse non mi sarei arrovellata troppo a cercare il giro della frase perfetto alla prima stesura, ed avrei aspettato con più pazienza di arrivare a una seconda (o terza, o quarta!) riscrittura per decidere che cosa funzionasse, e cosa no. Inoltre, ci sono alcune cose molto semplici che trovo utili ogni giorno e che chiunque può mettere in pratica per “incastrare” tutto. Scrivere secondo un piano: non funziona per tutti, ma avere già in mente la direzione in cui si procede semplifica molto il processo di scrittura.
Traduciamo Bum Bum Bum in inglese
La tua base è a Londra, Bum Bum Bumè pubblicato dalla Fazi Editore. A quando la pubblicazione in inglese?
La traduzione di Bum Bum Bum è un processo su cui sto ancora lavorando. Si riuscirà a tradurre il romanzo mantenendo la voce personale e originale di Oscar? Una delle cose che più mi incuriosisce e spaventa al tempo stesso sarà l’effetto sui lettori: riuscirà Oscar a conquistare lettori stranieri con un cuore che si esprime in modo tanto incomprensibile? Spero di sì, e spero di scoprirlo il prima possibile.
Luisella Mazza alla Libreria Ubik di Santa Margherita. (copyright Benedict Davies)
Editoria in Italia VS Editoria in UK
La risposta di Luisella Mazza apre un altro quesito sulla differenze tra l’editoria italiana ed estera. La Mazza puntualizza:
Una delle differenze fondamentali secondo me è la diversità culturale e linguistica a cui gli editori stranieri sono abituati. Sebbene la storia sia piena di scrittori che non scrivono nella propria lingua d’origine – pensiamo a Joseph Conrad, Muriel Spark, Samuel Beckett tra gli altri – questo accade poco spesso tra gli scrittori pubblicati in Italia. Invece all’estero è un fenomeno non solo normalizzato, ma anche strumento d’innovazione. Pensiamo ad esempio alla “Chutnification” coniata da Salman Rushdie in “Figlidella mezzanotte“: un termine che celebra il suo plurilinguismo, legato alla sua eredità indiana e britannica, e all’importanza di mantenere le radici culturali e linguistiche che insieme definiscono la sua personalità di scrittore. In Italia alcune felici espressioni in questo senso sono quelle di Jhumpa Lahiri, scrittrice bengalese-americana e Premio Pulitzer, che ha scelto di adottare l’italiano per la sua scrittura con grande successo di pubblico e critica, e di AdrianBravi, scrittore argentino di lingua italiana, candidato al Premio Strega di quest’anno.
Fondamentale è trovare la propria voce
Per ovviare ai rifiuti o ai silenzi delle case editrici italiane, molti autori si affidano al self publishing o nei peggiori dei casi, si lasciano abbindolare e pagare per essere pubblicati, chiaramente a discapito della qualità (libro senza revisioni, editing). Secondo te quali sono gli steps necessari per arrivare alla pubblicazione?
Credo che lo step fondamentale sia uno in particolare:trovare la propria voce narrativa. Una voce unica, originale e irripetibile si fa strada, secondo me, sia che lo scrittore decida di affidarsi al self publishing, sia ad una casa editrice. Quindi ancora più importante trovare un bravo editor che sappia ascoltare e far emergere questa voce: anche questo è un ottimo passo per approcciarsi al mondo editoriale e decidere quelli successivi alla stesura del romanzo. Infatti il giudizio dell’editor professionista non è sempre facile da ascoltare e fare proprio, e questo è un buon allenamento per decidere se si preferisce procedere in modo indipendente oppure affidarsi ad una casa editrice, con tutti i processi che comporta.
Potresti parlarci del prossimo progetto a cui stai lavorando, sappiamo che hai l’abitudine di leggere a voce alta quello che scrivi… O meglio chiedere ai tuoi vicini?
Sto lavorando a vari progetti, tutti a discapito del buon vicinato! Scherzi a parte, oltre a lavorare al mio secondo romanzo, mi piace scrivere anche in formati brevi. Uno dei privilegi di vivere a Londra è poter sperimentare la sua offerta culturale e artistica, e vorrei continuare a condividere queste esperienze. Ad esempio di recente ho scritto una riflessione sull’opera di Marina Abramović, ispirata dalla retrospettiva della Royal Academy of Arts, pubblicato da NovaExpress Magazine. Mi affascina l’opera di Judy Chicago, in mostra al momento alla Serpentine Gallery, e spero di poter vedere presto pubblicata una riflessione ispirata dal suo lavoro.
Restando in tema di cuore, hai qualche libro a cui sei particolarmente affezionata e perché?
Difficilissimo scegliere. Ho riscoperto l’affetto per i libri letti all’Università, dove ho studiato lingue straniere. Tra tutti in particolare “Platero y yo”, di Juan Ramón Jiménez, autore spagnolo premio Nobel per la letteratura nel ’56. Ho amato questo piccolo capolavoro dolce e gentile come il suo protagonista, l’asinello Platero, durante gli studi di letteratura spagnola. Sono stata felice di ritrovarlo e amarlo come allora, dopo tutti questi anni.
Che libro stai leggendo ora che vorresti consigliare, audiolibro o cartaceo?
Ultimamente ho riscoperto il valore degli e-book e ho ripreso in mano il mio vecchio lettore e-book con grande soddisfazione. Detto questo, il libro che sto leggendo al momento è su carta: “Hunger makes me a modern girl”, di Carrie Brownstein. Lei è la cantante e chitarrista della band Sleater-Kinney, e il prologo inizia con l’ammissione di Carrie di essere arrivata al punto di desiderare solo di distruggere la band. Se pensiamo che il loro nuovo album è uscito quest’anno, dopo trent’anni di carriera (e vari anni di pausa), evidentemente qualcosa deve averle fatto cambiare idea…Come e perché lo scoprirò tra poco nella lettura, credo, e non vedo l’ora: lo stile asciutto, autobiografico e assolutamente non celebrativo di Brownstein ti cattura dalla prima pagina.
Luisella Mazza Libreria Mondadori di Genova (copyright Libreria Mondadori Genova)
Il battito di Bum Bum Bum ti sta portando molte soddisfazioni, se potessi seguire il tuo battito (senza pensare), dove ti porterebbe?
Uno dei riconoscimenti ottenuti dopo la pubblicazione del romanzo è stato quello di Ambasciatrice di Genova nel mondo, lo scorso anno. Se potessi, vorrei conoscere meglio i luoghi in cui la cultura genovese ha giocato un ruolo importante nella storia locale. Un esempio su tutti Istanbul, ed in particolare il quartiere di Galata, con l’omonima Torre costruita dai genovesi nel quattordicesimo secolo. La mia ultima visita ad Istanbul è stata troppo breve per approfondire i legami tra la mia città d’origine e questa città piena di storia, e mi piacerebbe tornare per un periodo più lungo.
La domanda che nessuno ha osato fare
Qual è la domanda che avresti voluto ti facessero ma nessuno l’ha ancora fatta?
“Ma cosa succederà a Maria?” Maria è l’ex-compagna di Oscar, in Bum Bum Bum, che alla fine del romanzo scompare in un modo un po’ sibillino. Per diverse ragioni in tanti riescono ad immedesimarsi con Oscar, ma solo in pochi con Maria. Ancora meno sono quelli interessati a sapere cosa le succederà alla fine della storia. Chissà che Maria un giorno non torni a riprendersi la scena!
Per concludere, potresti descrivere la scrittura associandola a un quadro (so che sei appassionata d’arte) o a un libro?
Non è un vero e proprio quadro, ma se potessi scegliere una sola grande, continua fonte di ispirazione per la scrittura, sceglierei il lavoro di Richard Long, artista britannico contemporaneo ed esponente fondamentale della Land Art, ed in particolare l’opera “A line made by walking”. Long ha realizzato l’opera semplicemente camminando avanti e indietro in un campo per creare una linea d’erba appiattita, visibile solo da certe angolazioni. Che cosa c’è di più semplice di una linea tracciata camminando? Eppure, nella sua semplicità, questa linea è la testimonianza di un viaggio, seppur breve, ed è espressione dell’energia impiegata per compierlo. Credo che sia una metafora perfetta, secondo me, del viaggio e dell’avventura dello scrivere.
Mercoledì 10 luglio si è conclusa la serie di incontri “3, 2, 1… Action!” organizzata dalla Nervosa Pictures in collaborazione con il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra, Francesco Bongarra, che ha sposato subito il progetto di Alessandra Gonnella e Giorgia Cecconi.
3,2,1 Action! Serata dal 10 luglio 2024 (copyright Roberta Leotti)
Possiamo dire che con lo scorso venerdì la rassegna si è chiusa col botto!
Il panel di scrittori, registi e attori italiani intervenuti alla serata vantava infatti curricula davvero invidiabili.
Moderati da Giorgia Cecconi, hanno parlato della propria esperienza internazionale:
Alessandra Gonnella (scrittrice e regista, vincitrice a soli 25 anni del Nastro d’Argento per il corto “Un Caffè con Marilyn”);
Pietro Greppi (produttore cinematografico, tra i cui progetti più famosi citiamo “The Iron Lady” con Meryl Streep che vinse un altro Oscar proprio con questo film);
Giulietta Tisminetzky (attrice, scrittrice e produttrice, ha appena finito di girare con Paola Cortellesi la serie “Petra”. Il prossimo mese porterà al Fringe Festival di Edimburgo il suo progetto teatrale “How to Kill a Chicken”, che racconta della violenza di genere, e ispirato dalla forza e dalla rabbia delle donne che hanno protestato in Italia dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin per mano del suo ex compagno);
Annamaria Craparotta (documentarista e produttrice indipendente vanta collaborazioni prestigiose con, per citarne alcuni, BBC, CNN, National Geographic, Netflix);
Luisa Pretolani (filmmaker, psicoanalista psicoterapeuta e Vice Direttrice di CinemaItaliaUK. Attualmente è impegnata con le fiction “The Cook”e “Raul”);
Elena Mortelliti (produttrice e regista. Ha lavorato a lungo a Pompei per la serie di successo “Pompeii: New Secrets Revealed”e la nuova “Pompeii: The New Dig”);
Marco Gambino (attore di cinema e teatro, scrittore e produttore ha al suo attivo la partecipazione a numerose serie televisive italiane e internazionali: “Squadra Antimafia”, “The Boss of the Bosses”, “Il Giovane Montalbano”e la recente “Those About to Die” con Anthony Hopkins. Tra le produzioni teatrali citiamo “Parole d’Onore”, nato dal sodalizio con il giornalista Attilio Bolzoni, autore dell’omonimo libro; “Maria Callas la Perla Nera” di Federica Nardacci);
Julia Messina (attrice e cantante ha partecipato alla famosa serie “The Crown” e recentemente in “Those About To Die”);
Simone Giampaolo (regista di film di animazione, e cartoni animati. Con Netflix ha recentemente firmato la serie di successo “Bad Dinosaurs”. L’elenco delle case di produzione con cui ha collaborato include: Disney, Warner Bros, Paramount, Cartoon Network. Tra i progetti di successo il suo “Only a Child”nel 2021 fu selezionato per concorrere all’Oscar nei corti d’animazione);
Giulia Gandini (scrittrice e regista ha diretto “Shake” in Italia, la serie “Shetland” nel Regno Unito. Ha recentemente diretto lo speciale di due parti della serie “The Split”, prossimamente sulla BBC).
3,2,1 Action! Serata dal 10 luglio 2024 (copyright Roberta Leotti).
Radici italiane a parte, ci siamo chieste cosa accomunasse questi artisti.
Partendo dall’individuazione della loro Genesi individuale, il momento preciso della “folgorazione artistica” quando qualcosa è scattato dentro di loro che li ha fatti esclamare: “voglio fare questo nella vita!”
Per molti rappresenta un ricordo legato all’infanzia: Marco Gambino che recita davanti alla famiglia la poesia di Pascoli “La Cavalla Storna”, impressionando in modo particolare la sua madrina, la signora Pina Nardizzone, che ha cominciato a piangere non appena ha recitato alcuni versi. Gambino ricorda:
“Ho detto a me stesso ”Oh mio Dio ho un potere! Se racconto una storia a questa donna e la faccio piangere, devo diventare un attore!”.
3,2,1 Action! Serata del 10 luglio 2024 (copyright Roberta Leotti).
Per altri, come Simone Giampaolo e la documentarista Elena Mortelliti, fu assistere a una proiezione al cinema.
Questo non significa che la loro affermazione sia stata un processo lineare; fare quello che si desidera veramente può significare andare controcorrente, veri e propri voli pindarici, costellati da altre occupazioni o percorsi di studi per accontentare le aspettative della famiglia d’origine.
La regista Luisa Pretolani, per esempio, vanta una laurea in Storia del Medioevo, quella che ironicamente definisce un titolo di studio che “apre molte porte”; per l’attrice Julia Messina, la prestigiosa laurea con lode al LAMDA (The London Academy of Music and Dramatic Art) arriva dopo quella in Mediazione Culturale e Traduzione di Siena.
Come la trama di un film che si rispetti, nel viaggio dell’eroe arriva il momento della svolta che cambia la vita del protagonista, o come nel nostro caso, un progetto che ha lanciato la carriera del panel di professionisti di questa serata.
Per la regista Giulia Gandini sono stati 5 minuti… Ossia la durata del suo cortometraggio “My Time” che fu selezionato per gli Oscar.
In comune a tutti, oltre alla preparazione, la dedizione e il cogliere ogni opportunità anche quando questa comporta, come è stato per Giulietta Tisminetzky, uscire dalla propria comfort zone e assumere dei rischi.
3,2,1 Action! Serata del 10 luglio 2024 (copyright Roberta Leotti).
Si coglie tra i presenti la sensazione di non sentirsi mai arrivati. Riallacciandoci all’intervento di Gambino, più che di turning points si possa parlare di momenti magici della carriera a cui aggrapparsi, e che danno conforto quando le cose non vanno. O quando l’essere italiano e non un English Native Speaker compromette le tue chances di ottenere una parte.
Tutti concordano sul fatto che il settore cinematografico inglese, seppur diverso da quello italiano, sia più meritocratico.
In Italia per esempio, la sola partecipazione ai bandi per finanziare un progetto cinematografico diventa un processo frustrante, e non solo per la surreale burocrazia da Dieci Fatiche di Asterix.
Le registe presenti parlano di veri e propri “muri” del sistema italiano: della necessità di conoscere qualcuno che conti all’interno di quella che più che una categoria sembra una casta chiusa e cieca davanti alla professionalità.
Nel Regno Unito, seppure i fondi siano limitati, i bandi di partecipazione sono chiari ed esaustivi. Nonostante le difficoltà post-Brexit e post-pandemia, abbiamo comunque la sensazione che questo paese offra sempre una possibilità in più.
Riprendendo il focus sulla difficoltà di non essere native speakers, si sono aperte più parentesi in un dialogo che, lasciando lo ”speed date style”, come ha più volte definito il tono informale del panel la brillante moderatrice Giorgia Cecconi, è arrivato a prendere la forma di un gruppo di coreuti un po’ incazzati, presenti anche tra il pubblico.
3,2,1 Action!, Illustrazione di Simona De Leo.
Il grande calderone linguistico infatti, girando e rigirando, ha creato cerchi concentrici diversi: Marco Gambino ha raccontato di come le sue origini siciliane continuino ad essere croce e delizia della sua carriera. Certamente non un caratterista, ma spesso modello prediletto di una sartoria cinematografica che gli cuce addosso lo stesso vestito da boss mafioso che comincia a stargli stretto.
Dal pubblico poi si è alzata una voce. Un attore che non ha domandato, ma esposto in maniera accorata il suo dilemma personale. La sua padronanza dell’inglese è quanto di più lontano c’è dal Cambridge Proficiency, e questo gli crea dei problemi. Un ”personaggio in cerca d’autore” che da un lato non ha trovato il suo posto in Italia perché non era amico dell’amico, e dall’altro la meritocrazia che potrebbe fargli posto qui si aspetta che lo chieda almeno a livello C2.
Nel terzo cerchio, sempre dal pubblico, l’intervento che più ha toccato le corde di chi scrive ora (Silvia) è arrivato dallo stand-up comedian Mattia Sedda, e parafrasando faceva più o meno così: ”Cinema magnifico, ma chi decide di fare teatro?”. Ecco. Chi decide di fare teatro esattamente tra la meritocrazia, i fondi, le istituzioni, le ambasciate, la politica, e i bandi esattamente dove si colloca? Ho avuto i brividi. Hai ragione Mattia, chi come te fa l’attore di teatro sembra essere destinato a sbattersi per il resto dei suoi giorni, native speaker or not.
Tra i professionisti che siamo riuscite a rintracciare post panel, citiamo la documentarista Annamaria Craparotta che molto lucidamente ha riassunto la parabola dell’essere una donna artista e libera pensatrice, che ha ricominciato migliaia di volte prima di farcela D-A-S-O-L-A. La Craparotta infatti non è figlia d’arte, in casa nessuno è mai stato particolarmente interessato al cinema, al documentario, alle immagini in movimento. Ci sono voluti professionalità, tenacia, ricerca, coraggio e talento che speriamo la portino lì dove vuole arrivare, e noi con lei.
3,2,1 Action! Serata dal 10 luglio 2024 (copyright Roberta Leotti)
L’altro è Dario Bocchini, film producer, scrittore e regista che ha immolato il suo spirito creativo nell’horror, thriller, crime e cyberpunk per raccontare l’esistenza dal punto di vista degli outsider, dei disadattati, scarti di prima scelta di una società marcia, esplorando la viscerale relazione tra trauma, vendetta e (ri)scoperta del sé.
Nervosa Pictures, Istituto Italiano di Cultura, grazie per aver dato casa all’arte, al cinema, alla scrittura e al teatro. Facciamolo più spesso.
Domenica 21 Luglio la parrocchia londinese di St Peter’s Church a Clerkenwell festeggia la Madonna del Carmelo, in una giornata che coniuga valori religiosi, folcloristici, culturali, storici e sociali.
Tobia Rossi ha trasposto nel racconto Cosa siamo nel buio la sceneggiarura di Hide and Seek, che ha debuttato a marzo al Park Theatre di Londra.
Cosa siamo nel buio, un successo le presentazioni di Tobia Rossi in tutta Italia
La copertina di Cosa siamo nel buio.
Continua il successo di Cosa Siamo Nel Buio (Mondadori Editore). L’opera letteraria di Tobia Rossi, drammaturgo, sceneggiatore e story editor, segue la messa in opera della piece teatrale Hide and Seek (sempre a firma di Rossi), che nello scorso mese di Marzo è stata rappresentata al Park Theatre di Londra per la Zava Productions, riscuotendo un buon successo di pubblico.
Questa stessa piece ha preso vita dalla drammaturgia, sempre di Rossi, Nascondino, che a sua volta ha ispirato questo romanzo, dopo aver vinto il Mario Fratti Award 2019 ed essere andato in scena in Italia, a Londra e New York.
Cosa Siamo Nel Buio narra di Gio, che va in seconda liceo, ed è convinto che nessuno lo ami, sia in famiglia che tra i compagni di scuola. E ne è talmente convinto che decide di sparire lasciando come unico indizio una serie di video sul suo profilo TikTok. Va a nascondersi in una remota grotta nel bosco, forse per non essere trovato o forse perché qualcuno finalmente si accorga di lui.
Così quando Mirko – il compagno di scuola che Gio osserva da mesi – scopre per caso il suo nascondiglio, le cose cambiano. Mirko diventa un complice, torna a trovarlo nella grotta per raccontargli cosa sta succedendo fuori: le ricerche della polizia, i servizi in TV, le visualizzazioni del suo profilo TikTok che crescono ogni giorno. Finché il legame tra i due si stringe, rivelando davvero ciò che Gio e Mirko sono nel buio: due anime spezzate in cerca di uno spiraglio di luce.
Tobia Rossi presenta Cosa siamo nel buio (photo T. Rossi).
Adesso quindi tocca al libro continuare a far parlare di sé e in Italia, già da fine Maggio, sta riscuotendo un buon successo di pubblico anche grazie al programma di presentazioni dal vivo in località e situazioni interessanti.
Prima a Milano, presso la Libreria Noi (https://www.noilibreria.it) un luogo creato con l’obiettivo di costruire una comunità di lettori non solo attraverso la vendita di libri ma con eventi, incontri, laboratori. “Il luogo perfetto per presentare questa storia” lo ha definito lo stesso Tobia.
Alla presentazione milanese ha partecipato Gianluca Nativo, giovane autore con già due romanzi all’attivo, entrambi editi da Mondadori. “Ci siamo conosciuti a scuola (è anche un insegnante) – ci ha detto Tobia – abbiamo scoperto un interesse in comune per una certa letteratura per ragazzi, oltre che per la scrittura, e lui con grande generosità mi ha accompagnato in alcuni eventi di presentazione del mio romanzo, facendomi da relatore.”
Altri appuntamenti hanno fornito l’occasione per incontrare dal vivo Tobia Rossi e il suo libro: la Pride Week di Alessandria a fine Maggio e la kermesse Mare di Libri a Rimini a metà Giugno.
E altri ancora ce ne saranno: di nuovo a Milano (al teatro Franco Parenti il 4 ottobre), in Valtellina, nel Monferrato e in Sardegna.
“Io spero tanto che il libro possa anche approdare all’estero – ci confida Tobia – credo che le tematiche che tratta siano universali e quello che accade nel piccolo paese di Mirko e Gio, un paese identificato nel nord dell’Italia, possa accadere tranquillamente ‘alla periferia di qualsiasi impero’. E poi il pubblico britannico, ad esempio, ha già conosciuto e apprezzato la storia attraverso lo spettacolo HidendSeek, che è stato da poco in scena al Park Theatre, ottenendo un buon consenso di pubblico e critica”.
Anche perché, come ha spiegato l’autore “questo romanzo amplia il racconto del testo teatrale, crea tutta una serie di percorsi, di personaggi secondari. Dice tutto quello che nel testo teatrale non viene detto, per una questione di sintesi. E’ come se fosse una versione ampliata di quella storia e del suo mondo”. Se avete amato Hide and Seek, non potrete non amare anche Cosa Siamo Nel Buio.
Daria Dee DeLuca, cantante e attrice italiana pluripremiata, è una dei numerosi cervelli in fuga, o come preferisco definirli io, talenti ribelli che l’Italia non ha accolto come avrebbe dovuto. L’abbiamo vista performare dal vivo nello spettacolo The White Rose. The Musical, e ci ha piacevolmente colpito la sua determinazione nel perseguire il mestiere dell’attrice, che, a pensarci bene, definirlo mestiere è riduttivo. Fare l’attrice è una scelta di vita. E a volte questa è una vita di merda.
Per vivere con dignità, molti artisti (pre Brexit) hanno scelto di lasciare l’Italia per l’Inghilterra, dove, come molto chiaramente ci ha spiegato in questa intervista la giornalista Sabrina Provenzani, non esiste una ”gerarchia degli interessi”. Certo non è facile inserirsi e distinguersi in un contesto così competitivo, soprattutto per la barriera che la lingua spesso può rappresentare, ma neanche impossibile.
The White Rose. The Musical. NC Productions (copyright Simona De Leo)
Dee dunque, dopo aver studiato presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, vola in Svizzera e continua la sua formazione con la soprano Leontina Vaduva, per poi completare gli studi presso la Royal Central School of Speech and Drama in Inghilterra. Come cantante lirica si è esibita a livello internazionale, e come attrice ha recitato in produzioni teatrali tra cui W.A.M Irony of Death, Il Processo di Kafka, Macbeth e Look at Your Palm, oltre che in film e nel videogioco Dead Man’s Phone. Abbiamo avuto il piacere di conoscerla meglio, e dunque ve la presentiamo.
Ciao Dee, grazie per essere qui con noi. Comincio col chiederti quando hai capito che volevi fare l’attrice?
Più o meno quando avevo sei anni, tutte le volte che eravamo a pranzo da mio nonno finivo sempre col fare le imitazioni di ogni membro della famiglia. Mi piaceva rappresentare ciò che vedevo dal mio punto di vista.
Daria Dee DeLuca (copyright Daria Dee DeLuca)
La vecchia e triste storia dello stage non retribuito
Cosa ti ha spinto ad andare via dall’Italia?
Dopo sette lunghi anni passati a studiare e due lauree, una in diritto internazionale e l’altra in canto lirico, purtroppo il mio amato Paese all’epoca poteva offrirmi solo stage non retribuiti e senza rimborso spese.
In più ogni casting call che trovavo su internet richiedeva per le attrici: “Bellissima presenza, altezza minima 173 cm, preferibilmente bionde”; a mio parere una rappresentazione un po’ limitata delle donne italiane; in fin dei conti non abbiamo avuto solo dominazioni austro-ungariche! -APPLAUSE- Una situazione che mi ha altrettanto rattristata è stato vedere che un paese ricco di cultura come il nostro, non stesse (e non stia) investendo tanto sulla cultura. Quando me ne sono andata l’Eliseo e il teatro dell’Angelo avevano chiuso, e a seguito di una lunghissima occupazione il teatro Valle, in cui incontrai anche Elio Germano, venne privatizzato.
Il teatro e il suo forte valore sociologico
Perché proprio il teatro?
Ho imparato ad apprezzarlo sin da piccola, sia per i saggi di danza che facevamo con la scuola, sia per le opere e la stagione sinfonica che andavo a sentire con mia mamma. Il teatro è una cucina di emozioni, storie, sentimenti, ideologie, praticamente uno spaccato di ciò che è l’essere umano; dove per un paio d’ore puoi assaporare un’altra versione della realtà, a cui forse non avevi nemmeno pensato. La catarsi di cui parlavano i greci avviene tutt’oggi, quindi ha anche un forte valore sociologico.
Quella volta con Anthony Hopkins
L’esperienza più significativa della tua carriera fino ad ora?
In realtà sono state due, aver avuto come “insegnante” Ferdinando Ceriani, il figlio di Martine Brochard; ed essere stata sul set con Anthony Hopkins nel 2018 in King Lear diretto da Richard Eyre.
E’ stata un’esperienza mistica e quasi surreale poter vedere un attore di 86 anni recitare sotto la pioggia Shakespeare in modo così brillante, senza esitazioni, e mantenersi umile per tutto il processo; ha anche chiesto a noi altri attori se avevamo freddo e se stavamo bene.
Daria Dee DeLuca e Antony Hopkins (copyright Daria Dee DeLuca)
Non di solo talento è fatta un’artista
Che vuol dire essere una brava attrice?
La stessa cosa che vuol dire essere un bravo musicista o un bravo avvocato. Bisogna essere preparati, professionali, umili e fare il proprio mestiere con passione. In Italia c’è un po’ la credenza mistica che essere un attore, cantante, musicista, pittore o qualunque cosa legata alle arti sia una dote innata. Uno dei miei ex colleghi di conservatorio, Alessandro Mazzamuto, vincitore del premio Marta Argerich al Busoni era sempre a studiare. Suonava già il terzo concerto di Rachmaninoff a 15 anni, ma studiava otto ore al giorno. Senza quel lavoro la sua attitudine e passione non sarebbero bastate per avere successo.
Appello all’Istituto Italiano di Cultura a Londra: date più spazio agli artisti emergenti
Che rapporto hai con la cultura e gli eventi legati alla comunità Italiana di Londra?
Cerco sempre di partecipare ad eventi come concerti, book clubs e serate organizzate dalla comunità italiana a Londra. Mi piacerebbe che L’istituto Italiano di Cultura a Londra desse più spazio agli artisti emergenti, sia in campo teatrale che musicale, organizzando più eventi. Quello di Lisbona per esempio ha messo su già tre spettacoli in italiano nell’ultimo anno.
Daria Dee DeLuca (copyright Daria Dee DeLuca)
Torneresti a recitare in Italia?
Certamente, purché prendano la mia professione seriamente, senza ma e forse per quanto riguarda le retribuzioni, e mantenendo il rispetto verso l’attore come con ogni altro professionista.
Nessuno ferma Dee DeLuca
Progetti futuri?
In questo mese ho uno shoot per una serie ed un altro per un film di Bollywood, e sono stata invitata a tenere una masterclass di canto lirico al Orbifold Global Music Festival che si terra in Sicilia.
Io e la mia collega vorremmo inoltre portare “2 Ordinary”, tradotto da “Due Qualunque” di Carlo Picchiotti al Soho theatre di Walthamstow, e nel frattempo con l’autore stiamo buttando giù una prima bozza per un film basato su “Il Metodo Taddeo”, dello stesso autore, ambientato a Roma.
Recentemente ho avuto il piacere d’intervistare Giorgio Poggio, Managing Director di BRIT CUSTOMS e Director di ICCIUK, concentrandoci sulle sfide che le imprese italiane in UK hanno affrontato e stanno affrontando nell’ottica del post-Brexit/post-Pandemia. Per offrire un quadro ancora più approfondito sul futuro della Camera di Commercio e Industria Italiana nel Regno Unito e le azioni che si vogliono portare avanti nell’imminente futuro, abbiamo rintracciato il neo eletto Presidente, Roberto Costa. Ad accompagnarlo per un anno sarà proprio il Presidente Alessandro Belluzzo che agevolerà il passaggio di consegna grazie alla sua pluriennale esperienza e longeva carriera in seno alla Camera di Commercio.
Roberto Costa, neo eletto presidente Camera di Commercio e Industria Italiana nel Regno Unito (copyright Roberto Costa)
Nella fase conoscitiva, quella del contatto umano tra due individui, è assai difficile bypassare tutti quei filtri che generano o sono diretto risultato dei cosiddetti bias sociali e culturali che ci trasciniamo dietro. Volente o nolente, la comunicazione gioca su una serie di livelli che rendono difficile estrapolare dagli interlocutori l’autentica storia della donna o dell’uomo dietro il loro lavoro. In questo caso, dell’uomo Roberto Costa dietro l’imprenditore Roberto Costa.
La forza di cambiare
Ci sono volte però in cui, per un caso fortuito o meno, si riesce a stabilire un ”contatto” appunto, che supera le etichette e le formalità, arrivando ad uno stato, mi viene forse impropriamente da definire ”naturale” di scambio reciproco. Per introdurre questa intervista parto dunque da un punto preciso della mia conversazione con Roberto, in cui ha affermato:
”Sono moltissimi anni ormai che faccio questo mestiere -l’imprenditore- e credimi, devo ancora imparare tantissimo perché continuo a commettere un sacco di errori. Hai presente la frase ‘’errare è umano, perseverare è diabolico?’’ ecco io sono diabolico. Faccio errori su errori però poi la maturità di un uomo sta proprio nel rendersi conto che, nonostante tu abbia creduto in un’idea per tutta la vita, se alla fine ti rendi conto che questa è sbagliata, ritorni sui tuoi passi. Bisogna cambiare e avere la forza di cambiare, perché gli uomini meno interessanti che conosco sono quelli che dicono ”Ormai ho 40 anni, così sono e così rimango’’.
La storia di Roberto Costa, che apre l’intervista mettendosi immediatamente in discussione, all’alba della sua elezione, è stata snocciolata raccontando più o meno dettagliatamente la sua scalata verso il successo. Il successo però, mi ha detto Roberto, non può essere misurato solo sul singolo. Come disse il rivoluzionario e pensatore russo Michail Alexandrovič Bakunin ”Nessun uomo può emanciparsi altrimenti che emancipando con lui tutti gli uomini che lo circondano’’. Roberto, che inizia il suo percorso nell’amata Genova, precisamente nella trattoria in via Francesco Rolla, acquistata da suo padre nel 1990, ha ricordato i tempi in cui, facendo il cameriere, era essenziale non farsi trovare mai impreparato, capire le necessità della persona che ci si trovava davanti, e lavorare in sinergia con l’ambiente e con il team.
Il resto del racconto, tanto dell’uomo quanto dell’imprenditore, prosegue nelle sue parole.
Roberto Costa, neo eletto presidente Camera di Commercio e Industria Italiana nel Regno Unito (copyright Roberto Costa)
Roberto, innanzitutto congratulazioni per la tua elezione come Presidente della Camera di Commercio Italiana nel Regno Unito. Puoi raccontarci qualcosa sulla tua visione e sui tuoi obiettivi principali?
Grazie! Dunque la mia campagna è stata focalizzata su diversi punti chiave, uno dei quali è e rimane l’incremento della presenza femminile nel board della Camera. Mi fa piacere condividere che, proprio pochi giorni fa, siamo passati da una sola donna a tre nel nostro board. Abbiamo accolto Luisa Bossi, avvocato dello studio Grimaldi, e Francesca Griffiths, fondatrice e Managing Director di Casa Londra. Questo è solo l’inizio.
Sostenere l’imprenditoria femminile
È un obiettivo molto importante, se non imprescindibile. Ci sono programmi o incentivi specifici dunque per sostenere l’imprenditoria femminile all’interno della Camera?
Sì, stiamo lavorando su vari progetti. La nostra visione è creare un ambiente che supporti e promuova le capacità imprenditoriali delle donne. Crediamo fermamente che molte donne possano portare un grande valore aggiunto alla Camera di Commercio. Stiamo creando dei desk specializzati per sviluppare progetti e incentivi rivolti alle imprenditrici.
Roberto Costa, neo eletto presidente Camera di Commercio e Industria Italiana nel Regno Unito (copyright Roberto Costa)
In recenti interventi si è dato conferma che la Camera di Commercio sta affrontando diverse sfide. Puoi parlarci di questo e delle priorità attuali?
La Camera di Commercio, che ricordo essere un ente privato e senza scopo di lucro, sta vivendo un periodo particolare tra sterzate e accelerate, dovute a eventi straordinari come per esempio i problemi logistici che abbiamo avuto con la sede della Camera stessa. La nostra priorità ora è riprendere possesso dell’ufficio e creare un sistema nuovo per la Camera di Commercio. L’idea che ho in mente (che dovrà eventualmente essere approvata dalla Camera stessa) è quella di trasformarla in un members club per agevolarne la crescita, favorendo connessioni direttamente dalla sede. Gli associati potranno utilizzare gli uffici nel pieno centro di Londra, a Oxford Circus, come fossero i loro, aumentando così l’attrattività della Camera e di conseguenza amplificare anche i servizi offerti.
Quali sono le tue visioni a lungo termine per la Camera di Commercio?
La mia visione è che le Camere di Commercio devono essere indipendenti e autosufficienti. Devono operare come imprese, erogando servizi di qualità e creando reti virtuose. Sono stato recentemente selezionato per far parte del comitato esecutivo creato da AssocamereEstero per la riforma della stessa AssocamereEstero, un riconoscimento che ci aiuterà a influenzare la riforma del sistema camerale mondiale. Vogliamo dimostrare che una Camera di Commercio può portare un valore aggiunto significativo, e l’incentivo del governo, in tal senso, rappresenterebbe un plus.
Come possono gli imprenditori italiani in UK diventare membri della Camera di Commercio?
Associarsi è semplice e i costi variano a seconda del tipo di associazione, partendo da un minimo di £360 all’anno per l’associazione base fino a £2400 per quella premium. Offriamo vari servizi, incluse consulenze mirate, che avvicinano i professionisti ai potenziali clienti.
La formazione come chiave del successo
Nei tuoi interventi, hai ribadito più volte l’importanza della formazione. Cosa prevedi in seno alla tua visione per quanto riguarda l’educazione dei giovani imprenditori?
Stiamo creando l’accademia Matooro in collaborazione con la European School of Economics di Marylebone. Questa accademia fornirà una formazione teorica e pratica per gli iscritti, inclusa la possibilità di ottenere la visa. Crediamo fortemente nella formazione come chiave del successo, soprattutto dopo il COVID-19 e le dinamiche educative che ha creato e che hanno ridotto la soglia di concentrazione dei giovani, e non solo. Vogliamo mantenerli interessati e impegnati.
Ovviamente bisogna investire sui giovani, sul futuro, presumibilmente con la volontà di migliorarlo e di migliorare i servizi, ma che mi dici di tutte le persone, tutte le imprenditrici, gli imprenditori italiani qua in UK che hanno subito un colpo durissimo post pandemia e con l’entrata in vigore di Brexit? Trovano posto nell’ottica della formazione e dei servizi offerti?
Io sono entrato per un motivo ben chiaro, per cercare nel mio piccolo di poter dare un contributo e cambiare la Camera di Commercio. È sempre stata gestita molto bene dal Presidente Simonelli per ben 40 anni, senza contare l’imprescindibile lavoro del Presidente Belluzzo nel gestire la camera durante il dificilissimo periodo tra Covid e Brexit. Inevitabilmente però in 40 anni molte cose cambiano. Bisogna implementare, essere dinamici e camaleontici e io voglio dare un contributo. Noi siamo italiani, nel nostro DNA c’è la capacità di trovare sempre una soluzione e non lo dico tanto per dire. In un’accezione positiva, possiamo affermare che troviamo una soluzione ad ogni problema. La Camera di Commercio italiana in UK deve esprimere il meglio dell’italiano e il meglio della politica anglosassone: velocità, meno burocrazia, essere più smart e dinamici. Altrimenti, che senso ha vivere in un altro paese senza assimilarne il meglio?
La Camera di Commercio va vissuta
Molti hanno tentato di reinventarsi in vari modi. C’è molta ignoranza, e la paura è alimentata dall’ignoranza. Che messaggio vuoi mandare a chi ci legge per definire i piani della Camera di Commercio?
Come dicevo, dobbiamo cambiare l’idea della Camera di Commercio percepita come un’entità irrigidita dalla burocrazia. Deve essere un filtro tra l’imprenditore e il paese in cui si trova, con tutte le regolamentazioni e le regole da seguire. In questo senso, l’idea del members club non è affatto banale. La Camera di Commercio deve essere vissuta, offrendo servizi che agevolano il lavoro.
Roberto Costa, neo eletto presidente Camera di Commercio e Industria Italiana nel Regno Unito (copyright Roberto Costa)
Assolutamente. Ho visto che state organizzando degli incontri di networking, e lavorando su nuovi progetti.
La Camera di Commercio deve avere una struttura e un metodo ben preciso. Stiamo tentando di riformarla dalle fondamenta. Ad esempio, stiamo lavorando su un progetto chiamato “Savor Piemonte” con la Camera di Commercio di Torino e Slow Food, per supportare le aziende agroalimentari piemontesi nell’espansione sui mercati internazionali attraverso formazione, visibilità online e assistenza individuale. Vorrei però creare un circuito di ristoranti, non solo a Londra, ma in tutta UK. La Camera di Commercio deve essere attiva in tutta UK, non solo a Londra. I progetti devono coinvolgere tutto il Regno Unito.
Raccontavo giorni fa in questo articolo di quanto gli eventi come l’Italian Christmas Market siano preziosi per aggregare la comunità italiana (e non), dando vita a dei progetti collaterali inaspettati. È il caso di Camillo Bistrò, nato dall’incontro di giovani imprenditori, gli chef e CEO di Ravioli & FriendsMarco Raimondi e Luigi Brontesi, e la business woman Angelica Sykes che ha aperto The Italian Wine Shop. Uniti dall’intento di proporre prodotti di eccellente qualità, tra materie prime scelte con cura e lavorate minuziosamente, e vini italiani di produzione limitata, la componente umana e artigianale che ha plasmato Camillo a sua immagine e somiglianza lo ha fatto perché aveva qualcosa da dire.
Camillo Italian Bistro, London
Che storia raccontano dunque Marco, Luigi e Angelica? Risponderò a questo domanda tra poco, perché prima di passare al contenuto vorrei condividere con voi la ”cornice”, o se si vuole, ”il contenitore” dove Camillo Bistrò ha trovato casa: il 21Sid Coffee.
A raccontarci di questa caffetteria, deli, magico limbo dove arcani maggiori e minori si manifestano in affascinanti letture di tarocchi è la proprietaria LauraLo Faro:
”Prima di tutto ci tengo a dire che i pop-up restaurant sono delle vere perle che offriamo agli esseri umani. In particolare, ho accoltoCamillo Bistrò a braccia aperte perché si trattava di prodotti artigianali di qualità, fatti a mano, come la pasta italiana, che si allinea perfettamente con l’ethos del mio business. Il concept dietro al 21 Sid era quello di creare un luogo d’incontro dove potessero esprimersi artisti locali, artigiani e pop-up restaurant, esattamente come Camillo Bistrò. Tradotto in termini più concreti questo vuol dire coinvolgere la comunità con un’etica che si oppone alla produzione di massa, promuovendo invece l’artigianato e i prodotti fatti a mano, che siano stampe, candele, profumi, torte o pasta. Tutto ciò che passa da 21 Sid è basato sull’artigianato e la cura del prodotto.
Laura Lo Faro, proprietaria del 21 Sid Coffee, Hackney, London (copyright 21 Sid Coffee)
Io sono stessa sono una panettiera di formazione, o meglio ho studiato storia, ma ho poi scelto di dedicarmi alla panetteria e alla pasticceria. Quando ho aperto il 21 Sid, ho voluto portare avanti la tradizione del prodotto artigianale, lavorato a mano senza l’uso di prodotti chimici, come si faceva una volta. Come mi ha insegnato nonna Gina. A questo, ho combinato la passione per i tarocchi, che leggo da vent’anni. Il tarocco, similmente al pane, ti obbliga a restare nel presente e a non tentare di fuggire nel futuro o nel passato. La predizione del futuro, per i tarocchi, è in realtà un lavoro sul presente”.
Con questa doverosa premessa, vi invito a mettervi a vostro agio per rivivere con me l’esperienza di Camillo Bistrò.
Laura Lo Faro, proprietaria 21 Sid Coffee (copyright 21 Sid Coffee)
Accoglienza e poesia enogastronomica
Angelica mi accoglie alla porta con un grande sorriso, mi accompagna al tavolo e mi chiede se preferisco acqua naturale o gassata. Poi mi spiega la carta dei vini e l’incredibile offerta culinaria.
Dopo aver provato un paio di orange wines, opto per un Mulleri-Giffa’ 2022- Nuragus incantevole al palato. La scelta tra gli antipasti e i primi piatti è difficilissima da prendere perché variegata e golosa solo a vederla preparare.
Camillo Bistro’ (copyright Camillo Bistro’)
Sì perché Marco e Luigi, che sembrano danzare come Dervisci dietro al massiccio bancone di legno, lavorano gli ingredienti a vista. Il menu, che andrebbe letto come un poema bucolico, offre antipasti quali ravioli fritti ripieni di ricotta, e prosciutto d’anatra hand-made servito con stracciatella ed erba cipollina su pane tostato; fino ai primi come rigatoni con ragù di vitello e linguine con baccalà e un sublime velouté di piselli.
Il locale, che più lo guardo più me ne innamoro, è intimo, colorato, ricco di dettagli tra cui un meraviglioso cuscino col faccione pagliettato di Nicolas Cage. Gli altri commensali appaiono sono tutti concentrati nel gustare i loro piatti. Arriva anche il mio antipasto: capesante marinate con salsa piccante al cocco, lime e cetrioli. Veder versare la salsa direttamente da Angelica è ipnotico, assaporarla è …Something else! Ricca di sapore ma delicata al contempo. Se non avessi ordinato un generoso piatto di linguine fresche me ne mangerei un altro.
La playlist, ci tengo a sottolineare, è un altro elemento che accompagna questa estasi culinaria in maniera impeccabile. Come si fa a non canticchiare Nina Simone soprattutto in un momento di godurioso self-care?
Raccontare col cibo, decorare col vino
Mi prendo una pausa per raggiungere i ragazzi dietro al bancone: Marco e Luigi sono genuini come i loro piatti. Mi raccontano che la loro esplorazione tanto nella cucina tradizionale italiana quanto in quelle di altri paesi è un percorso che si rinnova continuamente. La loro storia non rimane ancorata alla prefazione dell’essere italiani tout court ma si arricchisce di sotto trame in ogni nuovo capitolo. Partendo dal ”questo lo vedevo fare a mio padre” si arriva al ”questa tecnica invece mi è stata insegnata da un rinomato chef giapponese e la riproponiamo in una ricetta che mixa elementi regionali con sapori dal carattere British”. Quello che questi giovani chef ci stanno raccontando è dunque l’evoluzione della loro professionalità che è andata di pari passo con Londra che è una delle capitali del cibo internazionale più ricche che ci siano. Brexit o no.
Camillo Bistro’ (copyright Camillo Bistro’)
Angelica poi, ha un universo da condividere: la doppia nazionalità, il senso di appartenenza, l’attenzione alla sostenibilità, l’apertura a nuovi prodotti, la responsabilità di fare da tramite tra piccoli produttori e clienti. L’amore per le cose buone, da proteggere e preservare.
Camillo Bistro’ (copyright Camillo Bistro’)
Non mi sazierei mai di ascoltarli ma il mio momento preferito è arrivato: dessert time, peeps!
Anche qui la difficoltà è enorme: i dolci sono preparati al momento dall’eccezionale pastry chef Alisa Golubtsova, e sono delle piccole opere d’arte adornate di fiori e arricchite di differenti textures. Essendo pero’ una pistacchio-victim vado per la pistachio honey cake with white chocolate.
Perdonatemi se vi dico che per quanto io ami le parole e combinarle tra di loro, questo dolce non si può descrivere: si deve solo mangiare!
Camillo Bistro’ (copyright Camillo Bistro’)
Per te che leggi, una sorpresa!
E siccome sono assai generosa e mai parca nel dispensare consigli, vi dico non solo di provarlo finché siete in tempo (ogni venerdì e sabato sera fino a fine luglio) ma anche che come lettrici di Londra Notizie 24 riceverete un trattamento speciale: specificando il numero di persone e l’orario d’arrivo, scrivete anche in corpo testo ”Londra Notizie 24” all’indirizzo camillo@theitalianwineshop.co.uk.
Il resto lo trovate al Sid Coffee, (1 Sidworth Street,London E83SD) dalle 18:30 alle 21:00!
Cosa hanno in comune Downton Abbey e I Pirati dei Caraibi? Lo abbiamo scoperto alla Shorts Night, l’anteprima del West London Film Festival del 4 luglio al Chiswick Cinema di Londra.