Possiamo dire che con lo scorso venerdì la rassegna si è chiusa col botto!
Il panel di scrittori, registi e attori italiani intervenuti alla serata vantava infatti curricula davvero invidiabili.
Moderati da Giorgia Cecconi, hanno parlato della propria esperienza internazionale:
- Alessandra Gonnella (scrittrice e regista, vincitrice a soli 25 anni del Nastro d’Argento per il corto “Un Caffè con Marilyn”);
- Pietro Greppi (produttore cinematografico, tra i cui progetti più famosi citiamo “The Iron Lady” con Meryl Streep che vinse un altro Oscar proprio con questo film);
- Giulietta Tisminetzky (attrice, scrittrice e produttrice, ha appena finito di girare con Paola Cortellesi la serie “Petra”. Il prossimo mese porterà al Fringe Festival di Edimburgo il suo progetto teatrale “How to Kill a Chicken”, che racconta della violenza di genere, e ispirato dalla forza e dalla rabbia delle donne che hanno protestato in Italia dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin per mano del suo ex compagno);
- Annamaria Craparotta (documentarista e produttrice indipendente vanta collaborazioni prestigiose con, per citarne alcuni, BBC, CNN, National Geographic, Netflix);
- Luisa Pretolani (filmmaker, psicoanalista psicoterapeuta e Vice Direttrice di CinemaItaliaUK. Attualmente è impegnata con le fiction “The Cook”e “Raul”);
- Elena Mortelliti (produttrice e regista. Ha lavorato a lungo a Pompei per la serie di successo “Pompeii: New Secrets Revealed”e la nuova “Pompeii: The New Dig”);
- Marco Gambino (attore di cinema e teatro, scrittore e produttore ha al suo attivo la partecipazione a numerose serie televisive italiane e internazionali: “Squadra Antimafia”, “The Boss of the Bosses”, “Il Giovane Montalbano”e la recente “Those About to Die” con Anthony Hopkins. Tra le produzioni teatrali citiamo “Parole d’Onore”, nato dal sodalizio con il giornalista Attilio Bolzoni, autore dell’omonimo libro; “Maria Callas la Perla Nera” di Federica Nardacci);
- Julia Messina (attrice e cantante ha partecipato alla famosa serie “The Crown” e recentemente in “Those About To Die”);
- Simone Giampaolo (regista di film di animazione, e cartoni animati. Con Netflix ha recentemente firmato la serie di successo “Bad Dinosaurs”. L’elenco delle case di produzione con cui ha collaborato include: Disney, Warner Bros, Paramount, Cartoon Network. Tra i progetti di successo il suo “Only a Child”nel 2021 fu selezionato per concorrere all’Oscar nei corti d’animazione);
- Giulia Gandini (scrittrice e regista ha diretto “Shake” in Italia, la serie “Shetland” nel Regno Unito. Ha recentemente diretto lo speciale di due parti della serie “The Split”, prossimamente sulla BBC).
Radici italiane a parte, ci siamo chieste cosa accomunasse questi artisti.
Partendo dall’individuazione della loro Genesi individuale, il momento preciso della “folgorazione artistica” quando qualcosa è scattato dentro di loro che li ha fatti esclamare: “voglio fare questo nella vita!”
Per molti rappresenta un ricordo legato all’infanzia: Marco Gambino che recita davanti alla famiglia la poesia di Pascoli “La Cavalla Storna”, impressionando in modo particolare la sua madrina, la signora Pina Nardizzone, che ha cominciato a piangere non appena ha recitato alcuni versi. Gambino ricorda:
“Ho detto a me stesso ”Oh mio Dio ho un potere! Se racconto una storia a questa donna e la faccio piangere, devo diventare un attore!”.
Per altri, come Simone Giampaolo e la documentarista Elena Mortelliti, fu assistere a una proiezione al cinema.
Questo non significa che la loro affermazione sia stata un processo lineare; fare quello che si desidera veramente può significare andare controcorrente, veri e propri voli pindarici, costellati da altre occupazioni o percorsi di studi per accontentare le aspettative della famiglia d’origine.
La regista Luisa Pretolani, per esempio, vanta una laurea in Storia del Medioevo, quella che ironicamente definisce un titolo di studio che “apre molte porte”; per l’attrice Julia Messina, la prestigiosa laurea con lode al LAMDA (The London Academy of Music and Dramatic Art) arriva dopo quella in Mediazione Culturale e Traduzione di Siena.
Come la trama di un film che si rispetti, nel viaggio dell’eroe arriva il momento della svolta che cambia la vita del protagonista, o come nel nostro caso, un progetto che ha lanciato la carriera del panel di professionisti di questa serata.
Per la regista Giulia Gandini sono stati 5 minuti… Ossia la durata del suo cortometraggio “My Time” che fu selezionato per gli Oscar.
In comune a tutti, oltre alla preparazione, la dedizione e il cogliere ogni opportunità anche quando questa comporta, come è stato per Giulietta Tisminetzky, uscire dalla propria comfort zone e assumere dei rischi.
Si coglie tra i presenti la sensazione di non sentirsi mai arrivati. Riallacciandoci all’intervento di Gambino, più che di turning points si possa parlare di momenti magici della carriera a cui aggrapparsi, e che danno conforto quando le cose non vanno. O quando l’essere italiano e non un English Native Speaker compromette le tue chances di ottenere una parte.
Tutti concordano sul fatto che il settore cinematografico inglese, seppur diverso da quello italiano, sia più meritocratico.
In Italia per esempio, la sola partecipazione ai bandi per finanziare un progetto cinematografico diventa un processo frustrante, e non solo per la surreale burocrazia da Dieci Fatiche di Asterix.
Le registe presenti parlano di veri e propri “muri” del sistema italiano: della necessità di conoscere qualcuno che conti all’interno di quella che più che una categoria sembra una casta chiusa e cieca davanti alla professionalità.
Nel Regno Unito, seppure i fondi siano limitati, i bandi di partecipazione sono chiari ed esaustivi. Nonostante le difficoltà post-Brexit e post-pandemia, abbiamo comunque la sensazione che questo paese offra sempre una possibilità in più.
Riprendendo il focus sulla difficoltà di non essere native speakers, si sono aperte più parentesi in un dialogo che, lasciando lo ”speed date style”, come ha più volte definito il tono informale del panel la brillante moderatrice Giorgia Cecconi, è arrivato a prendere la forma di un gruppo di coreuti un po’ incazzati, presenti anche tra il pubblico.
Il grande calderone linguistico infatti, girando e rigirando, ha creato cerchi concentrici diversi: Marco Gambino ha raccontato di come le sue origini siciliane continuino ad essere croce e delizia della sua carriera. Certamente non un caratterista, ma spesso modello prediletto di una sartoria cinematografica che gli cuce addosso lo stesso vestito da boss mafioso che comincia a stargli stretto.
Dal pubblico poi si è alzata una voce. Un attore che non ha domandato, ma esposto in maniera accorata il suo dilemma personale. La sua padronanza dell’inglese è quanto di più lontano c’è dal Cambridge Proficiency, e questo gli crea dei problemi. Un ”personaggio in cerca d’autore” che da un lato non ha trovato il suo posto in Italia perché non era amico dell’amico, e dall’altro la meritocrazia che potrebbe fargli posto qui si aspetta che lo chieda almeno a livello C2.
Nel terzo cerchio, sempre dal pubblico, l’intervento che più ha toccato le corde di chi scrive ora (Silvia) è arrivato dallo stand-up comedian Mattia Sedda, e parafrasando faceva più o meno così: ”Cinema magnifico, ma chi decide di fare teatro?”. Ecco. Chi decide di fare teatro esattamente tra la meritocrazia, i fondi, le istituzioni, le ambasciate, la politica, e i bandi esattamente dove si colloca? Ho avuto i brividi. Hai ragione Mattia, chi come te fa l’attore di teatro sembra essere destinato a sbattersi per il resto dei suoi giorni, native speaker or not.
Tra i professionisti che siamo riuscite a rintracciare post panel, citiamo la documentarista Annamaria Craparotta che molto lucidamente ha riassunto la parabola dell’essere una donna artista e libera pensatrice, che ha ricominciato migliaia di volte prima di farcela D-A-S-O-L-A. La Craparotta infatti non è figlia d’arte, in casa nessuno è mai stato particolarmente interessato al cinema, al documentario, alle immagini in movimento. Ci sono voluti professionalità, tenacia, ricerca, coraggio e talento che speriamo la portino lì dove vuole arrivare, e noi con lei.
L’altro è Dario Bocchini, film producer, scrittore e regista che ha immolato il suo spirito creativo nell’horror, thriller, crime e cyberpunk per raccontare l’esistenza dal punto di vista degli outsider, dei disadattati, scarti di prima scelta di una società marcia, esplorando la viscerale relazione tra trauma, vendetta e (ri)scoperta del sé.
Nervosa Pictures, Istituto Italiano di Cultura, grazie per aver dato casa all’arte, al cinema, alla scrittura e al teatro. Facciamolo più spesso.