Nuovo appuntamento di networking per professionisti del cinema martedì 13 agosto al Strongroom Bar di Londra dedicato alla Film Festival Masterclass, organizzato dal West London Film Festival con Cine Circle Uk.
Intercomites Regno Unito in azione
Ieri, 24 luglio 2024 si è svolta in modalità remota la riunione annuale dell’Intercomites Regno Unito. L’Intercomites, l’organo di coordinamento tra i Comitati degli Italiani all’Estero (Comites) nel Regno Unito, ha come obiettivo lo scambio di informazioni e l’ottimizzazione delle risorse per migliorare il supporto alla comunità italiana residente nel paese.
Intercomites Regno Unito in azione
All’incontro hanno partecipato diversi rappresentanti delle istituzioni italiane nel Regno Unito, tra cui il Console Generale d’Italia a Londra, Domenico Bellantone, la Console d’Italia a Londra, Rossella Gentile, e il Console Generale d’Italia a Edimburgo, Veronica Ferrucci. Presenti anche il Consigliere dell’Ambasciata d’Italia a Londra, Paolo Mari, e l’Assistente Amministrativo dell’Ambasciata, Lucia Zoroddu.
Gli onorevoli Toni Ricciardi e Simone Billi erano anch’essi tra i partecipanti, insieme ai rappresentanti del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), Elena Remigi e Giovanni D’Angelo. Per i Comites invece, si contano il presidente del Comites di Londra, Alessandro Gaglione, il presidente del Comites di Manchester, Cesare Ardito, e la vice-presidente del Comites di Scozia e Irlanda del Nord, Michela Calcagni.
Temi trattati e iniziative future
Il focus dell’incontro è stata l’importanza di un costante scambio di informazioni e del mutuo soccorsotra i Comites. Questo è particolarmente rilevante non solo per gli italiani nel Regno Unito, ma anche per la più ampia comunità italiana all’estero. Tra gli esempi riusciti in tema di collaborazione tra i Comites in passato si annoverano i webinar sull’EU Settlement Scheme e il reportage sulla comunità italiana commissionato a Complitaly, le cui riprese sono state recentemente completate.
Guardando al futuro, l’Intercomites ha espresso l’intenzione di organizzare ulteriori seminari e webinar su argomenti quali l’identità digitale italiana (SPID), e i nuovi visti lavorativi, familiari e di studio. Inoltre, si continuerà a fornire supporto e orientamento riguardo all’EU Settlement Scheme.
Miglioramento dei Servizi Consolari
Come già avevamo condiviso in passato i Comites continueranno a facilitare l’andamento dei servizi consolari, come l’emissione di passaporti, carte di identità e l’iscrizione all’AIRE. L’obiettivo è dare voce ai connazionali e riportarle alle istituzioni.
Durante la riunione è stato inoltre espresso ottimismo riguardo alla proposta di legge dell’On. Ricciardi, attualmente in fase di discussione in Parlamento.
La proposta prevede di destinare una parte dei proventi derivanti dal rilascio dei passaporti agli uffici consolari, creando un incentivo alla produttività e facilitando gli investimenti per migliorare i servizi e ridurre le attese.
La costante collaborazione tra le varie istituzioni rappresenta la conditio sine qua non per poter migliorare i servizi ed essere di continuo supporto alla comunità italiana nel Regno Unito.
Promuovere iniziative che rispondano alle esigenze dei connazionali e migliorare la qualità dei servizi offerti sono certamente le priorità.
Da 143 anni unità sociale e identità collettiva con la processione della Madonna del Carmelo
Durante una chiamata con un caro amico dall’Italia, storico d’arte laureato cum laude e dunque impiegato sottopagato in tutt’altro settore, gli raccontavo della processione della Madonna del Carmelo che si è tenuta domenica 21 luglio nel quartiere di Clerkenwell. Ad un tratto, tra il serio e il faceto, mi ha domandato: ”ma gli anglicani come la prendono la processione?”
Una tradizione lunga 143 anni
La risposta, molto candidamente, è stata che da 143 anni a questa parte la prendono molto bene. Oltre al fatto che, come ci ha ricordato in questo articolo Annalisa Valente, la tradizione trova le sue radici anche nella storia religiosa britannica, la processione è, dal punto di vista sia storico che antropologico, un evento estremamente interessante.
Icone dei santi in Live Action
Partiamo appunto dal quartiere stesso che, grazie alla processione, alle bancarelle e alla sfilata dei santi e delle vergini in Live Action, ha richiamato a sé molti fedeli retrò: vecchi signori con la scoppola e signore imbellettate, fresche di parrucchiere.
Solidarietà e cibo su Market Street
Se non fosse per ”Ballo Ballo”di Raffaella Carrà sparata a tutto volume da una delle casse piazzata su Market Street, sembrava veramente di rivedere la Little Italy dei tempi andati. Invece, è bastato voltare l’angolo. Straordinariamente, insieme alle generazioni di migranti agée, a seguire i carri annunciati uno ad uno dagli altoparlanti, c’erano darkettoni, giovani studenti in pausa dagli esami, ragazze color oro-arancio vittime dello spray self-tanning, svariate mamme/nonne/zie, e curiosi da tutte le parti del mondo.
Invocare la protezione divina
D’altronde è bene ricordare che il potere temporale e quello spirituale, la politica e la religione, segnano il confine tra l’uomo e l’animale. E le processioni con le statue dei santi hanno una lunga tradizione che risale al Medioevo. Originariamente, erano un mezzo per esprimere la devozione religiosa pubblicamente e per invocare la protezione divina.
Unità sociale e identità collettiva
L’uso di statue o icone nelle processioni è radicato nella pratica cristiana (al contrario di religioni aniconiche come Islam ed Ebraismo) di venerare figure sacre, un modo per rendere tangibile il sacro e il divino. Durante il periodo medievale, le processioni erano anche momenti di unità sociale e identità collettiva. Probabilmente è proprio quest’ultimo aspetto a rendere l’evento ancor più sentito e atteso da un pubblico altresì eterogeneo, ma felice di poter contribuire alla beneficenza, con gli incassi devoluti alla St. Peter’s Church per sostenere le sue attività sociali e comunitarie.
Dopo 35 anni torna la statua di San Gennaro a Londra
Oltre al ricco programma tra carri, santi, preghiere, e fiumi di Aperol Spritz, che pare essere l’unica bevanda alcolica vendibile al di fuori degli italici confini, c’è stato un avvenimento eccezionale: il ritorno a Londra della statuetta di San Gennaro dopo ben 35 anni. Un’occasione che non solo riporta alla memoria tradizioni passate, ma illumina il volto di una Londra che evolve e si trasforma, mantenendo vivi legami storici e culturali. Fuori dalla chiesa, ad aspettare l’arrivo di Padre Andrea Fulci per celebrare messa, ho visto sei ragazzi vestiti con la stessa maglietta bianca indossata con orgoglio: stampata sopra di esse c’era proprio la sagoma di S. Gennaro che quei ragazzi, immortalati in un momento di relax, nicotina e riposo, avevano trasportato per le vie del quartiere.
Napoli e San Gennaro
Mi sono istintivamente avvicinata a loro per chiedergli di condividere con me l’avventura del ritorno di San Gennaro a Londra e il loro calore l’ho percepito come quando vai a Napoli e trovi un caffè pagato. Francesco, un ragazzo con la faccia pulita e i baffi da uomo, si è fatto da portavoce per gli altri ragazzi, anche per l’esuberante Nunzio: ”È un sogno che si avvera per tutti noi. La nostra comunità è più affiatata che mai, e questo ritorno rafforza i legami con le nostre radici. È come avere un pezzo di Napoli qui con noi.’‘ Le sue parole fanno da eco a quelle di chi in prima battuta si e’ preso carico e responsabilità della ”missione San Gennaro”: Mariagrazia e Davide.
Ci ha raccontato Mariagrazia: ”Ci tenevamo tantissimo a portare finalmente dopo 35 anni San Gennaro qui a Londra, è stata dura ma ce l’abbiamo fatta, e l’apporto di Davide è stato fondamentale.
Siamo entrambi napoletani, lui è del Vomero, io sono di Fuorigrotta, ovviamente tanto devoti a San Gennaro. Sappiamo che la nostra comunità qui a Londra è veramente vasta, se non sbaglio è la terza più grande, e quindi perché non portare di nuovo San Gennaro qui, a casa sua?”
La storia del Barone La Spina
Quando ho salutato i ragazzi, dopo aver assistito all’attesa apparizione delle colombe with confetti, ho sentito in lontananza un suono antico, familiare, dalle ancestrali radici. Seguendolo sono arrivata ad una corte e massiccia gradinata dove seduti c’erano tre signori, ma senza scoppola. Quel suono così riconoscibile nella memoria erano loro intenti a giocare a morra e avendo passato tutta la mia infanzia tra le colline laziali, di vecchi accaniti che giocavano a morra ne ho nella memoria una collezione più ampia di quella dei miei cucchiaini da tè.
Vengo per vedere le facce di cera
Mi sono poi fermata a chiacchierare con il signor Michele, anche detto Barone La Spina, arrivato a Londra tantissimi anni fa. Mi ha raccontato che prima trasferirsi in questa città aveva un senso ”Almeno quando sono arrivato io c’erano i punk. Ora arriva solo la feccia, ecco perché questi hanno votato Brexit”. È una frase fatta ma con il cuore di Michele che sembra essersi indurito. ”Ogni anno vengo qui solo per vedere alcune facce, le solite facce di cera. Sempre più di cera”.
Michele è sarcastico, sicuro di sé. Mi racconta che lui a Londra ha fatto di tutto, anche un film. Il film si chiama ”I pazzi della fermata numero 9” che trovate su YouTube. Con un po’ di budget sarebbe stata una vera gemma. Una di quella che tiri fuori dal cilindro al primo date cerebrale per impressionarl*. Michele si è sentito sopraffatto dalla bellezza degli anni ’70 e ’80 che una triste notte tra i mondiali e il Millennium bug ha attraversato i campi Elisi.
Costruire casa altrove
In questo caleidoscopio di colori, dove abbiamo sorriso, camminato, ascoltato, conosciuto, mangiato, bevuto e recuperato un piccolo pezzetto di pace, forse proprio il signor Michele, disincantato ma desideroso di scoprire ancora, rappresenta l’alfa e l’omega delle nuove e delle vecchie generazioni. Bestiari di migranti diversi, che non scappano da casa ma tentano di costruirla altrove.
Consolato di Manchester in difficoltà, Cassandra sollecita il viceministro Cirielli
Problemi per gli italiani in Uk a causa delle difficoltà operative del Consolato di Manchester, Cassandra del Comites, chiede l’intervento del vice ministro degli Esteri Edmondo Cirielli.
Marco Gambino è Supulcius, nessuno e centomila
Oggi parto alla rovescia.
Avete presente quando accade qualcosa o incontrate una persona e subito dopo il vostro cervello comincia a ruminare nella memoria per trovare un’assonanza che connetta quell’evento a qualcos’altro? Un crocevia di emozioni, di colori, di fotografie, di vecchi film?
Dopo aver incontrato l’attore Marco Gambino, originario di Palermo e figlio d’adozione londinese autenticata (da ben 37 anni), ho vissuto questo lungo momento che mi ha portato a disegnare nell’aria delle suggestioni. Ciò che ne è uscito fuori è stato un bar in Provenza dove Lucio Dalla e Bertolt Brecht s’incontrano per dare vita a un personaggio.
Ecco quel personaggio che ”la casa dove è nato l’abita senza luna quando dorme sul prato”, completamente immerso nell’ambivalenza dell’essere e del non essere attore abita la pelle di Marco Gambino, seduto con me in un bar sì, ma ad Haymarket.
Erase and rewind.
È una giornata meteorologicamente priva di senso, che ben presto ritrovo perché vivo a Londra. Il centro è impaccato di turisti e scolaresche europee in vacanza-studio, che temevo di non vedere più causa Brexit. È sempre colpa di Brexit. Imprecare contro Brexit non sarà mai peccato.
Evitare la parola ”io”
In ogni caso, Marco arriva spaccando il secondo. Ha il saluto gentile, come gentile è il suo modo di ordinare una tazza di caffè nero. Mi anticipa che per tutta l’intervista proverà ad evitare la parola ”io”. ‘‘Io ho fatto questo, io ho scritto quest’altro. Ma basta! Noi! Noi! Noi! cos’è l’io senza il noi?” Io rispondo tra me e me: teatro epico.
Marco è tornato da poco dal settantesimo Festival di Taormina, dove ha presenziato all’anteprima del film ”Il giudice e il boss” di Pasquale Scimeca, che racconta la vera storia del giudice Cesare Terranova e del suo aiutante, il poliziotto Lenin Mancuso, uccisi nel 1979 per mano degli uomini del boss di Cosa Nostra, Luciano Liggio. Marco Gambino in quel film interpreta il ruolo del pentito mafioso ”Ciannuzzo” Raia.
Il ”Sandalone” Those about to die
Stando alle dichiarazioni rilasciate durante l’ultimo incontro del 3,2,1 Action! Marco, nonostante abbia combattuto e continui a combattere la mafia con gli strumenti che si è costruito, ossia la scrittura e la recitazione, raccontandosi aveva espresso il desiderio di tornare ad esplorare ruoli che fossero estranei alla parte oscura della Sicilia, o meglio, all’Italia. E, sempre come dice lui ‘‘Continuando a seminare, prima o poi i frutti crescono”.
I suoi sono andati a finire in mano alla seconda dinastia imperiale romana, quella dei flavi, interpretando il ruolo del senatore Supulcius nella serie Amazon Prime “Those About to Die”. Diretto dal duo Roland Emmerich/Marco Kreuzpaintner, e sceneggiato dal Robert Rodat di “Salvate il soldato Ryan”, “Those About to Die” è un ”Sandalone” di intrighi, lepidezze, amabili villan e tanta tanta CGI.
Per questa intervista siamo partiti proprio da lì.
L’americano bannato
Marco, raccontaci della tua esperienza sul set di Those About to Die. Com’è stata la costruzione del personaggio e qual è stato l’impatto del contesto multiculturale sul tuo lavoro?
“Allora, l’esperienza è stata unica. Il progetto nasce da un’idea del regista di creare un gruppo di attori che, pur mantenendo la loro unicità linguistica e culturale, lavorassero insieme. Nonostante tutti parlassimo inglese, non c’era nessuna forzatura nel linguaggio. Si trattava di un inglese variegato, con accenti spagnoli, svedesi, danesi, norvegesi, francesi. La protagonista, Cala (Sara Martins), è francese e interpreta un personaggio etiope. Questo mix di accenti e origini ha dato al progetto una dimensione molto autentica e soprattutto l’accento americano è stato semi-dichiaratamente bannato. Non avere quella sensazione di lontananza che l’americano può dare quando si parla dell’antica Roma ha reso il tutto più sensato, perché l’inglese “sporco” ma chiaro ha dato coerenza alla messa in scena”.
L’ammirazione per i costumisti
Quale altro aspetto ti ha colpito?
“I costumi. I costumi sono stati fondamentali per conoscere il mio personaggio. Ho sempre trovato affascinante il lavoro dei costumisti. Cuciono il carattere, la persona che l’attore andrà ad interpretare. Come se ti leggessero il copione ad alta voce e te lo presentassero sotto un’altra veste. Gianni Casalnuovo, il costume designer per questo progetto, è stato eccezionale. È anche candidato a un Emmy per i costumi di ”Ripley”. Il suo lavoro non si limita a ”vestire”, ma a dar forma e sostanza ai personaggi. Per ”Those About to Die” le toghe sono state l’emblema di questo studio minuzioso. Le stoffe necessarie sono state selezionate con grande cura, dopo vari invii dall’India. Ogni toga doveva avere un certo tipo di panneggio e spesso ci volevano due persone per aiutarti a indossarla correttamente”
L’intransigenza di Roland Emmerich
Com’è stato lavorare con gli altri attori e con il regista?
“Il lavoro con gli altri attori e con il regista è stato incredibile. Non c’era una gerarchia rigida, eravamo tutti sullo stesso piano. Questo senso di uguaglianza e condivisione ha creato un ambiente di lavoro molto positivo, pur rimanendo intenso. In particolare, la nascita dell’amicizia con l’attrice tedesca Gabrielle Scharnitzky è stata per me significativa. Ricordo una scena in cui lei, che interpreta il ruolo della nutrice nella casa del senatore Marsus (Rupert Penry-Jones), pur rimanendo immobile, ferma in un angolo era completamente immersa nel personaggio. E gliel’ho detto subito dopo il cut. ”Complimenti perché ero lì che ti guardavo apparentemente senza fare niente, ma ho capito che in quel momento eri Drusilla”. Poi poverina è inciampata in una piscinetta perché non ha visto un gradino e ci siamo spaventati tutti. Lavorare con Roland invece, che ha molta esperienza, è stato prezioso. Anche se la sua intransigenza può sembrare dura, rispetto il suo impegno e la sua capacità di mantenere un alto standard”.
L’uomo che vince perdendo
Come hai ottenuto il ruolo e come hai preparato il tuo personaggio?
“Ho ottenuto il ruolo grazie alla casting agent Michela Forbicioni, che già conosceva il mio lavoro. Dopo aver fatto il provino a dicembre, ho avuto notizie solo a marzo. Michela è andata dal regista più volte per dirgli di visionare la mia tape. È stata una grande soddisfazione sapere che quanto avevo seminato stava finalmente dando i suoi frutti.
Il mio personaggio, Supulcius, è un senatore romano e capo dei corridori di bighe al Circo Massimo, appartenenti alla fazione dei Verdi. È interessante perché fa soldi perdendo, una sorta di investitore che guadagna con le perdite e le informazioni che vende. Non è un personaggio che mi somiglia, ma è affascinante. Per prepararmi, mi sono immerso nella storia romana, visitando il British Museum e leggendo i lavori di Mary Beard. Ho cercato di ristudiare il contesto e il mondo in cui si svolge la storia”.
Il ”baby” Cicerone
E come hai trovato la vita a Roma durante le riprese?
“Roma è sempre stupenda. Anche se il lavoro è stato intenso, abbiamo trovato il tempo per esplorare e goderci la città. Siamo stati a Trastevere, e i miei colleghi inglesi si sono acclimatati nei pub locali. Mi univo a loro, anche se preferivo prendere solo una mezza pinta che mi è costata il soprannome di ”baby”. È stato bello condividere momenti di relax e fare loro da Cicerone. Soprattutto per quel che riguardava i ristoranti”. [ride]
Impariamo a dire di no
Hai avuto momenti difficili o particolari durante le riprese?
“Sì, ho vissuto una situazione piuttosto critica in cui un attore è stato licenziato in tronco durante le prove. È stato un momento delicato per tutti. L’attore in questione, nonostante sia molto bravo, si è lasciato sopraffare dall’emozione. Questo episodio mi ha fatto riflettere su quanto sia cruciale una comunicazione chiara e una buona gestione dei conflitti sul set.
L’altra esperienza dolorosa te la introduco lanciando un messaggio: impariamo a dire di no. In un ambiente come questo, è cruciale mettere la propria sicurezza al primo posto. A me è successo che mi hanno chiamato mentre ero in albergo, aspettando che il tempo migliorasse per girare una scena. Ho ipotizzato che potessero chiedermi di fare qualcosa, ma non mi avevano avvisato ufficialmente. Alla fine, mi hanno fatto fare una prova di stunt, alquanto pericolosa, senza neanche consultare il regista. Questo tipo di richiesta è inaccettabile, e ho dovuto affrontare delle conseguenze serie. Per mesi non sono riuscito nemmeno a fare una passeggiata di 500 metri senza fermarmi per il dolore. Quando Roland lo ha saputo è andato su tutte le furie”.
Appartengo al teatro
Dove ti senti di appartenere di più, al teatro o al cinema?
“Decisamente al teatro. Il teatro mi dà una gioia speciale per vari motivi. Ho più tempo per studiare e prepararmi, con settimane di prove che mi permettono di lavorare approfonditamente sui personaggi. Nel cinema, mi sento spesso prigioniero del punto di vista del regista e del montatore. Il teatro mi offre la possibilità di esplorare il personaggio in modo più completo e di interagire direttamente con il regista, il che arricchisce l’esperienza artistica. In più sono un accanito frequentatore di teatri. Sono sempre lì che osservo, studio. Il teatro è la mia scuola”.
E del fare teatro in Italia, della possibilità di far riscoprire la sua importanza nonostante i tagli e l’allontanamento del pubblico, cosa ne pensi?
“È una sfida, ma credo che ci sia speranza. Ho visto i lavori di Roberto Cavosi, un grande drammaturgo, e ho trovato il teatro a Roma, sebbene non strapieno, con un pubblico diverso rispetto a quello a cui ero abituato. In Italia il pubblico tende ad essere più intellettuale e meno variegato rispetto a Londra, dove trovi persone di tutte le età e background. La differenza è evidente: a Londra c’è una ricca varietà di audience e stili teatrali, mentre in Italia sembra esserci una certa uniformità. Credo che per riportare il pubblico a teatro sia necessario diversificare l’offerta e coinvolgere più persone con stimoli differenti”.
L’Enrico IV di Richard Harris
Hai accennato a un sogno legato al teatro. Puoi dirci di più?
“Il mio sogno è calcare almeno una volta un palcoscenico di teatri che considero luoghi eletti, come il National Theatre, il Royal Court, il Donmar o l’Almeida. Quando sono arrivato a Londra, dopo un distacco violento dalla mia famiglia, ho trovato conforto in un Enrico IV di Pirandello al West End con Richard Harris. Questo mi ha fatto capire che, anche lontano dalla mia terra, potevo ritrovare quello che avevo lasciato. Il mio sogno è in linea con chi sono e con quello che amo fare”.
Provate a contare quante volte ha detto la parola ”io”. Anzi, ve lo anticipo: zero.
La donna nelle arti di Bisanzio: cultura al femminile con la British Italian Society
La donna nelle arti di Bisanzio è la conferenza di Andrea Mattiello con cui la British Italian Society all’Istituto Italiano di Cultura ha puntato i riflettori sul femminile della cultura medievale.
Industria aerospaziale italiana al Farnborough, Crosetto a Londra per il GCAP
Industria aerospaziale italiana in mostra al Farnborough International Air Show. Il ministro Crosetto a Londra per il programma GCAP con Regno Unito e Giappone.
Industria aerospaziale italiana al Farnborough, Crosetto a Londra per il GCAP
Una due giorni a Londra densa di impegni istituzionali dedicati tutti al tema della cooperazione internazionale su Difesa e Industria, quella del ministro della Difesa Guido Crosetto e dal Vice ministro agli Affari esteri Edmondo Cirielli, che ha avuto il suo culmine lunedì sera al rinfresco che l’Ambasciatore d’Italia a Londra Inigo Lambertini ha offerto alla delegazione ministeriale nella sua Residenza ufficiale di Londra.
Al centro dell’agenda di Crosetto e Cirielli, gli accordi di cooperazione industriale tra Italia, Regno Unito e Giappone, nonché la qualificatissima presenza di imprese italiane all Farnborough International Air Show, il salone dell’aviazione e dell’aeronautica in corso dal 22 al 26 luglio.
Rapporti Italia – Regno Unito, Crosetto: “Nulla è cambiato”. Il progetto GCAP va avanti
I rapproti bilaterali di collaborazione e cooperazione Italia-Regno Unito, che datano da lunghissimo tempo e si estrinsecano su vari livelli, non da ultimo nel prorgamma GCAP, sono e rimangono assolutamente stabili. A confermarlo è stato il ministro della Difesa Guido Crosetto, che nella giornata di lunedì ha incontrato per la prima volta il suo omologo britannico, il neo minsitro laburista John Healey, con cui nella giornata di martedì incontra anche il ministro della Difesa del Giappone Minoru Kihara nel quadro del GCAP, il programma per lo sviluppo congiunto di un nuovo Jet da caccia.
Nei rapporti tra Italia e Regno Unito “nulla è cambiato” con il nuovo governo britannico, ha affermato Crosetto all’agenzia Nova nel corso di un punto stampa che si è tenuto ieri sera all’Ambasciata d’Italia nel Regno Unito.
“Il mondo è quello che c’era prima delle elezioni nel Regno Unito”, e l’Europa “ha davanti sfide complesse”, così “come la Nato”, a fronte di un potenziale cambio di scenario. Ue e Nato “hanno l’abitudine di affrontare i problemi” quando emergono, e non prima, come nel caso delle questioni legate all’Africa, ha osservato Crosetto.
Queste rassicurazioni acquistano un valore importante, dopo che venerdì scorso The Times ha riferito il timore che il progetto Global Combat Air Program fighter – che coinvolge Italia, Gran Bretagna e Giappone, “potrebbe essere a rischio di cancellazione, in un più ampio riesame della materia Difesa”, a causa delle preoccupazioni sui costi del governo laburista britannico guidato da Starmer.
Dello stato di avanzamento del progetto GCAP si è discusso nella giornata di oggi, in un incontro delle tre delegazioni italiana, britannica e giapponese che si è tenuto nel palazzo di Whitehall, sede del Ministero della Difesa del Regno Unito.
“I nostri sono tre grandi Paesi del G7 che hanno intrapreso un importante percorso. Il progetto GCAP, parte di una più ampia strategia della Difesa, si basa su eguale partecipazione in termini finanziari, industriali e tecnologici. Occorre ora garantire rispetto delle tempistiche e un quadro chiaro su condivisione di lavoro e tecnologie”, ha detto Crosetto a margine dell’incontro trilaterale con il Segretario di Stato John Healey e con il Ministro Minoru Kihara.
Il programma GCAP (Global Combat Air Programme) è una partecipazione trilaterale per lo sviluppo di un caccia di sesta generazione, ed è un progetto ambizioso, fondamentale per l’Italia nello sviluppare capacità e tecnologie innovative e garantire un vantaggio operativo, e che rientra in una più ampia strategia di collaborazione internazionale, indispensabile negli scenari geopolitici attuali.
Tanto è vero che Crosetto ne ha parlato anche con il collega giapponese in un incontro faccia a faccia che si è tenuto nella mattinata di martedì nella sede dell’ambasciata italiana e che ha visto, come hanno riferito fonti della Difesa italiana, un proficuo dialogo sui nuovi ambiti di collaborazione tra le Forze Armate di Italia e Giappone e sullo sviluppo della cooperazione nel settore dell’industria della difesa.
E questo tema, anche se su aspetti più tecnico operativi, è stato al centro anche di un altro incontro, che Crosetto ha avbuto lunedì pomeriggio, con Maria Eagle, ministro per le Forniture e l’Industria della Difesa britannica, che è stata l’occasione anche per ribadire l’importante legame tra Italia e Regno Unito e approfondire opportunità che il progetto GCAP offre in termini di collaborazione industriale e sviluppo di un polo tecnologico.
Sempre lunedì Crosetto ha anche incontrato il Segretario di Stato alla Difesa della Polonia, Pawel Bejda, in un colloquio che ha riguardato ancora una volta le possibilità di cooperazione tra Italia e Polonia innelle Forze armate e sulla cooperazione in ambito industria della Difesa.
Industria italiana in prima fila al Farnborough International Air Show
Al centro del viaggio della delegazione ministeriale italiana a Londra, tuttavia, c’è la presenza di una qualificatissima rappresentativa di imprese italiane dell’hi tech presenti al Farnborough International Air Show, il prestigioso salone dedicato a spazio, aeronautica, sostenibilità, innovazione e in progamma quest’anno dal 22 al 26 luglio.
La delegazione industriale italiana è ospitata nel padiglione congiunto Ministero della Difesa Direttorato per gli Armamenti e Aiad, Associazione Italiana delle imprese per Aerospazio, Difesa e Sicurezza che rappreenta il meglio delle aziende tecnologiche coinvolte nelle attività di design, costruzione, amnutenzione e riparazione di piattaforme, sistemi e apparecchiature terrestri navali e aeree.
Nel corso della prima giornata di fiera, i padiglioni italiani hanno ricevuto la visita della delegazione governativa italiana, guidata dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dal Vice ministro degli Affari Esteri e Cooperazione internazionale Edmondo Cirielli, Valentino Valentini, Viceministro delle Imprese e del Made in Italy e Stefania Craxi, Presidente della 3ª Commissione permanente – Affari esteri e Difesa.
Allo Show si segnala la presenza di imprese e distretti industriali dell’Aeropsazio provenienti da varie regioni italiane, come Piemonte, Lazio, Umbria e Puglia.
Tra le altre, ad esempio, sono state ben 19 le imprese associate ad Umbria Aerospace Cluster presenti all’interno dello stand collettivo che ha ricevuto la visita della presidente della Regione Donatella Tesei: si tratta di Aerospace Manufactoring, Company, Angelantoni Test Technologies, Comear, En4, Era Electronic Systems, Fomap, Fucine Umbre, Meccanotecnica Umbra, Ncm, Oma, Qfp, Rampini, Serms srl, Sky Eye Systems, Temis, Test Industry, Umbragroup, Umbria Aerospace, Systems e Vga.
Anche l’Aerospazio pugliese è presente al Farnborough International Airshow, dove ha presentato i positivi dati dell’export regisrtati dalle sue produzioni avanzate nei comparti aeronautico e spaziale.
La Regione Puglia – Sezione Promozione del Commercio, Artigianato ed Internazionalizzazione delle Imprese ha partecipato con una delegazione di imprese accompagnate dal Distretto tecnologico aerospaziale e con una delegazione istituzionale di cui fanno parte i vertici del dipartimento Sviluppo economico, di Aeroporti di Puglia, del Politecnico di Bari e rappresentanti dell’agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione Arti e della società in house e finanziaria Puglia Sviluppo.
La Regione Puglia nel proprio padiglione istituzionale accoglie sei Pmi e startup innovative pugliesi, accompagnate dall’assessore allo Sviluppo economico della Regione Puglia, Alessandro Delli Noci: Deagle (Avetrana – Ta); Dian (Gioia del Colle – Bari); Giannuzzi (Cavallino – Le); Manta Group (Foggia); Mill-Turn Technologies (Stornarella – Fg); Roboze (Bari).
Scarlato e Bonci, a Montepulciano il concerto per organo e coro unisce Italia e Uk
Al 49° Cantiere internazionale d’Arte in Valdichiana Senese, il compositore Dimitri Scarlato e l’organista Riccardo Bonci in un concerto per organo accompagnato dal Selwyn College Choir (direttrice Sarah MacDonald) per “O Nata Lux”, omaggio alla musica corale ispirata alla “Luce” dal Rinascimento ai nostri giorni.
Con Italian Summer Market la solidarietà italiana vince a Nottingham
Un successo per Italian Summer Market, l’evento di beneficenza organizzato dalla Italian School of Nottingham il 13 luglio sorso.