Nell’anno che sta per concludersi Londra è stata teatro di diversi interessanti appuntamenti per gli appassionati di cinema, alcuni dei quali al loro debutto assoluto. I festival cinematografici l’hanno fatta da padrone e Londra Notizie 24 è stato sempre in prima linea per raccontarvi tutto e non farvi perdere il più piccolo particolare delle giornate di festival.
Tra questi ce n’è stato uno di breve durata ma di forte impatto, intensità, coraggio: il Wine Dark Short Film Festival, primo festival cinematografico della città di Londra dedicato esclusivamente alla salute mentale e alla neurodiversità.
Il primo Festival interamente accessibile
L’iniziativa è nata con l’intento di dare voce a coloro che spesso restano inascoltati, anche nell’ambito dell’industria cinematografica, riuscendo a coniugare inclusività e innovazione.
Questo festival è nato dall’inventiva e dalla caparbietà di una giovane attrice italiana, based in London da anni, Tessa Battaiotto, la quale ha voluto coniugare il suo impegno teatrale (che l’ha vista pochi mesi fa al Coronet Theatre di Londra nell’opera di Caryl Churchill “A Heart’s Desire” con la compagnia italiana Lacasadargilla) con il desiderio di creare qualcosa di unico nel suo genere.
Con l’aiuto di due preziose collaboratrici, Andreane Rellou e Kat Sigalas, ha individuato in The Space Theatre lo spazio ideale per realizzare il festival, interamente accessibile, con proiezioni pensate per accogliere gli ospiti neurodivergenti e sottotitoli ad hoc per tutte le scene delle pellicole proiettate.
Un’iniziativa culturale di successo supportata da Final Draft, Coverfly, Cinquecento Pizzeria Chelsea, Film Fatales, TripleC, 6 Ft From The Spotlight e ADHD UK.
All’indomani del festival ci siamo fatti raccontare proprio da Tessa com’è andata, curiosi anche di conoscere meglio questa attrice “prestata” all’organizzazione eventi.
Avevamo paura di non ricevere nessuna proposta
Come sei riuscita ad organizzare un festival cinematografico come questo, molto particolare, e di cui evidentemente hai compreso l’effettiva necessità?
Io e due mie colleghe lavoravamo insieme già da un pò, avevamo fatto qualche progetto, avendo sempre parlato tra noi su quanto è difficile fare l’attrice, quanto è difficile lavorare in questo ambiente, che impatto abbia sulla salute mentale, e del fatto che non se parla abbastanza. Poi alcune di noi hanno anche disabilità, sono neurodivergenti, quindi abbiamo pensato di organizzare un festival per focalizzarci su questo tema. Noi non avevamo mai organizzato un festival prima, eravamo un po’ timorose, non sapevamo che cosa aspettarci. Il festival si è svolto in Ottobre, noi abbiamo cominciato a lavorarci a partire dal mese di Aprile. Inizialmente ci incontravamo ogni due settimane poi nel mese precedente almeno due volte a settimana sempre per due o tre ore. Ricordo la prima volta su FilmFreeway, la piattaforma dove si ricevono i film, avevamo paura di non ricevere nessuna proposta, che saremmo state magari le uniche interessate, che sarebbero stati in pochi a parlarne, invece abbiamo ricevuto tantissimi film, fin da subito. E’ stata una sorpresa davvero molto bella. Ci ha contattato questo film director, Mark A. C. Brown, il quale ci ha detto che gli sarebbe piaciuto parlare di questo festival perché anche lui è neurodivergente.
Voleva proprio parlarne perché è qualcosa che ha un effetto sui film che lui fa, sul modo in cui lavora. Da lì poi si sono aggiunti altri due speakers: la Well Being Facilitator Alexandra Healy (ruolo che io neanche conoscevo, invece ho scoperto che nei set più grandi esiste questa figura che si occupa della salute mentale del casting crew). Quindi abbiamo contattato anche Ana Duarte, casting assistant di origine portoghese, che danni cerca di rendere il nostro ambiente più inclusivo. E’ stato un bell’evento. Tra l’altro, Pizzeria 500, ristorante italiano di Londra, ci ha regalato delle pizze, che abbiamo offerto al festival. Il proprietario del ristorante ha concordato sul fatto che non si parla abbastanza delle neurodivergenze, quindi gli ha fatto piacere sponsorizzarci in questo modo. Abbiamo scelto il The Space, teatro in cui siamo riusciti a fare tutto nella maniera più accessibile che potevamo (le luci non del tutto spente, i bagni sul livello in piano – anche per chi magari era in carrozzina). I film erano captioned, tutti con i sottotitoli. Siamo state molto contente di quanto fatto, perché in particolare sulle neurodivergenze (più che sulla mental health in generale) non so se sia mai stato fatto qualcosa di simile. Uno dei registi italiani intervenuti, Fabrizio Quagliuso, ci ha spronate a rifarlo per un altro anno, proprio per l’energia bella e inclusiva che questo festival è riuscito a sprigionare.
Sono stati assegnati premi, riconoscimenti, menzioni. Quali criteri sono stati seguiti?
Noi tre abbiamo fatto una selezione iniziale, basandoci su determinati parametri, ad esempio se un determinato film fosse stato fatto da persone con neurodivergenze o meno, oppure che parlasse effettivamente del tema. Quindi è stata effettuata una scrematura iniziale. Dopodiché ho mandato i film a Mark e ad Ana. Loro quindi hanno scelto i premi, ognuno di loro aveva delle categorie su cui lavorare.
Ricevuti sessantacinque titoli
Prima della scrematura, quindi in fase iniziale, quanti film vi sono arrivati, in totale?
Se non ricordo male all’incirca sessantacinque, comunque molti di più di quanti ci aspettassimo. Quindi una bella sorpresa. E comunque la dimostrazione che la gente parla di questo argomento e vuole continuare a parlarne.
Al di là delle richieste, state già pensando concretamente a una seconda edizione del festival, magari il prossimo anno?
Sì ci stiamo pensando, ci stiamo prendendo giusto un paio di mesi per resettarci, e poi ripartire il prossimo anno. Io almeno ho interesse a farlo, ma credo che anche le altre mie due colleghe vogliano continuare. Vediamo un po’ le dinamiche, magari una nuova venue, anche se ci siamo trovate davvero benissimo però siamo aperte a diversi suggerimenti.
Da quanto tempo sei a Londra?
Sono a Londra da dieci anni, sono di Gallarate (provincia di Varese). Qui ho frequentato la scuola di recitazione (avevo diciannove anni) e poi sono rimasta. Ho lavorato sia come attrice che come voice over artist. Ho fatto diverse cose, anche nell’ambito della programmazione teatrale, ho anche lavorato come maschera in teatro. Al momento il mio lavoro principale è quello di Red Coat Butler, un lavoro che si svolge in teatro e in cui mi occupo dei clienti vip presso LW Theatres, la compagnia di Andrew Lloyd Webber. Questo è il lavoro che svolgo quando non recito, quando non faccio l’attrice. E poi, appunto, mi piace organizzare eventi. Da questo festival mi sono molto motivata quindi spero di incanalarmi in qualche modo in questo ambiente.
Lavoro anche con Equity, che è il sindacato degli attori qui a Londra, con altri attori che non sono propriamente inglesi (io ho la doppia cittadinanza) in questo nuovo network che si chiama Non U.K. Born Artists. Tra qualche mese lanceremo il nostro manifesto e le nostre guidelines perché vogliamo che le persone che non provengono dall’Inghilterra venissero rappresentate un po’ meglio, in tv e sui palchi inglesi.
Il Wine Dark di Omero
Da dove nasce il nome del festival? Perché Wine Dark?
Wine Dark è il modo in cui Omero descrive il colore del Mare Mediterraneo nell’Iliade e nell’Odissea, quindi l’abbiamo scelto per presentare la nostra compagnia in onore delle nostre origini mediterranee.
Lunga vita al Wine Dark Short Film Festival, quindi. Che parla alle menti belle e sensibili. E ai cuori pronti ad aprirsi sulla via dell’inclusione e dell’innovazione.