C’è Ancora Domani: Riflessioni delle nostre redattrici dopo la prima visione a Londra

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Alla quattordicesima edizione del Festival Cinema Made in Italy è stato proiettato l’attessissimo film C’e’ ancora domani di Paola Cortellesi, accolto dal pubblico di Londra nella sala del Ciné Lumière con calore ed entusiasmo.

C'e' ancora domani, illustrazione di Simona De Leo
C’e’ ancora domani, illustrazione di Simona De Leo

Scrivere di un film di cui si è detto già tanto non è cosa facile, ma la scelta del taglio che stiamo dando a questo articolo è stata dettata da un’esigenza corale

Scrivere di un film di cui si è detto già tanto non è cosa facile, ma la scelta del taglio che stiamo dando a questo articolo è stata dettata da un’esigenza corale. Chi lo sta leggendo infatti si ritroverà a destreggiarsi tra punti di vista, riflessioni, storie personali e immagini evocative, ingurgitate e (semi)metabolizzate dalle donne della nostra redazione. Ci siamo confrontate, del resto è inevitabile dopo la visione di C’è ancora domani.

Paola Cortellesi al Cinema made in Italy festival, Londra
Paola Cortellesi al Cinema made in Italy festival,Londra (copyright Roberta Leotti)

Il film riempie gli occhi di un bianco e nero che omaggia il cinema italiano del passato, e poi li annega in una storia che assomiglia a tantissime altre e le sublima tutte insieme

Il film riempie gli occhi di un bianco e nero che omaggia il cinema italiano del passato, e poi li annega in una storia che assomiglia a tantissime altre e le sublima tutte insieme. Il neorealismo pop di Paola Cortellesi gioca fuori dai confini del tempo e al messaggio che vuole mandare ti ci fa arrivare piano, come una danza. Alla fine del film (tolti i cinque, dieci, venti minuti di applausi meritatissimi nelle sale dove è stato proiettato, compresa quella del Ciné Lumière di Londra) c’è silenzio. Un silenzio che è il fil rouge che collega la rabbia alla liberazione. Ieri all’oggi, e poi a quel domani che ancora deve avvenire.

Quante volte abbiamo sentito di donne che seppur massacrate fuori e dentro, sono rimaste perché “Altrimenti dove vado?”. ”Rimango perché non posso fare altro’’

Da una parte abbiamo dunque Delia (Paola Cortellesi), metonimia delle donne (del dopoguerra) vessate fisicamente e psicologicamente dalla società perché “non sei n’omo”, dai mariti autoritari, e dai padri-padroni che per liberarcene in parte abbiamo dovuto aspettare la morte di un’intera generazione (sorry but not sorry). Poi c’è Marcella (Romana Maggiora Vergano), figlia di Delia, che rappresenta il desiderio di cambiamento e ribellione, ed infine Marisa (Emanuela Fanelli), migliore amica di Delia, che simboleggia una finestra su un mondo di possibilità e scelte diverse da quelle imposte dalla rigida realtà in cui Delia si trova. Una donna che rappresenta non solo la solidarietà femminile ma anche l’emancipazione economica che la porta ad essere “libera”.

Quante volte abbiamo sentito e continuiamo a sentire storie, spesso vicinissime a noi, di donne che seppur massacrate fuori e dentro, sono rimaste perché “Altrimenti dove vado?”. ”Rimango perché non posso fare altro’’. Marisa è la resistenza, la visione di un’esistenza diversa in cui le donne rifiutando il ruolo dell’ancella, lottano per il cambiamento personale e sociale.

Paola Cortellesi al Cinema made in Italy festival, Londra
Paola Cortellesi al Cinema made in Italy festival, Londra (copyright Roberta Leotti)

L’importanza poi di comprendere il passato per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro più equo e inclusivo per le donne italiane è fondamentale

“Una donna (Paola Cortellesi) che parla di un disagio sociale così profondo è una donna coraggiosa. Soprattutto perché ancora oggi nel mondo di situazioni così ancora esistono. Proprio su questa tematica abbiamo recentemente parlato con Emma Sabatelli, avvocatessa e docente universitaria, che attraverso il racconto delle proprie esperienze personali e familiari ha gettato luce sulle difficoltà incontrate dalle donne nel perseguire l’indipendenza economica e professionale. Temi che risuonano profondamente con la narrazione di Delia e delle altre donne nel film. L’importanza poi di comprendere il passato per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro più equo e inclusivo per le donne italiane è fondamentale” – ha commentato la redattrice Annalisa Valente.

Un altro aspetto rilevante è la ‘’banalità’’ ossia la normalizzazione della violenza

Prosegue la redattrice Roberta Leotti: “Un altro aspetto rilevante è la ‘’banalità’’ ossia la normalizzazione della violenza. Ivano, marito di Delia interpretato magistralmente da Valerio Mastandrea, (inizialmente titubante nell’accettare un personaggio così atroce e lontano da lui), minimizza e si avvale di ragione a ogni percossa, nascondendosi dietro la frase ‘’sai com’è ho fatto due guerre…’’

Già nella prima scena giace tutto il taglio stilistico della regista Cortellesi.

La scena di violenza diventa una coreografia sulle note di ‘Nessuno’ di Mina, nel film interpretata da Musica Nuda, Petra Magoni & Ferruccio Spinetti.

Come ha spiegato la stessa Cortellesi alla fine della proiezione:

– Se guardiamo al testo, le parole della canzone sono quelle che si dicono gli innamorati, ma in questo contesto diventano simbolo dell’amore tossico –  

Paola Cortellesi al Cinema made in Italy festival, Londra
Paola Cortellesi al Cinema made in Italy festival, Londra (copyright Roberta Leotti)

Una scelta quella della danza che evita di convogliare la narrazione solo sull’aspetto degli abusi

Le percosse a loro volta si fanno rituale, perché sono il quotidiano. Quando Delia viene picchiata sa già che ci saranno presto altre botte e altri lividi. Una scelta quella della danza che evita di convogliare la narrazione solo sull’aspetto degli abusi.

– Quando ho proposto un film in bianco e nero ambientato nel dopoguerra ai produttori inizialmente non è stato accolto con l’entusiasmo come quando si fa il trenino a fine anno…Pepe’-pepepepe’, pepe- pepepepepepe’…- ha proseguito la regista nella sessione del Q&A.

Ma lei non ha demorso. Il film che ha scritto, diretto e interpretato l’ha realizzato in primis per la figlia Lauretta (tra l’altro presente in sala all’insaputa della madre), per tutte noi e per invitare gli uomini a camminare insieme.

E se non vi è piaciuto (come ha detto la Cortellesi prima della proiezione) andatevene alla chetichella…”

Per chi si fosse perso la proiezione di “C’è ancora domani”arriva la buona notizia: il film sarà distribuito nelle sale del Regno Unito a partire dal 26 aprile.

Silvia Pellegrino
Silvia Pellegrino
Silvia è una scrittrice italiana, nata e cresciuta a Roma, e attualmente residente a Londra. Si è appassionata alla scrittura fin da quando era bambina, e ha iniziato a comporre poesie all'età di dieci anni. Cresciuta in una famiglia matriarcale, ha sviluppato un interesse per l'universo femminile, che ha ispirato il suo libro di racconti 'The Spoons'Tales'. Quest'ultimo, ancora in lavorazione, racconta le donne, indagando diversi temi: dalla sessualità al rapporto con il proprio corpo; dall'amore alla morte. Appassionata sia di letteratura che di cinema, ha scritto la sceneggiatura del cortometraggio di video-poesia 'The Molluscs Revenge', diretto e prodotto dalla società di produzione video @studio_capta, nel 2020. Silvia ha individuato nella videoarte e nella videopoesia il perfetto contenitore di contenuti dove far incontrare linguaggi diversi, percepiti come strumento di analisi interpretativa in grado di reificare le diverse sensibilità artistiche, trasformandole in immagini poetiche. Ha collaborato inoltre con il quotidiano nazionale online @larepubblica e la rivista @sentieriselvaggi scrivendo diversi articoli e recensioni cinematografiche dal 2012 al 2016. Nel 2020 il suo racconto “Una lupa mannara italiana a Londra” è stato uno dei vincitori del concorso di scrittura @IRSE RaccontaEstero.

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