Crisi delle uova in Uk: i supermercati stanno razionando la vendita di uova, mentre l’industria del pollame è alle prese con la spirale dei costi e l’influenza aviaria. Il British Egg Industry Council avverte: «La crisi durerà ben oltre il Natale».
E’ crisi delle uova in Uk
Da circa un mese Lidl sta imponendo ai suoi clienti un massimo di tre scatole di uova ciascuno, mentre Asda sta limitando gli acquisti a due scatole di uova per acquirente. Altri supermercati, come per esempio Sainsbury’s, hanno iniziato ad acquistare uova dall’estero, Italia inclusa.
Secondo quanto riportato da Reuters, Tesco, il più grande gruppo di supermercati nel Regno Unito, avrebbe stanziato con la collaborazione di Asda 26,4 milioni di sterline (30,6 milioni di euro) a sostegno dell’industria delle uova in Uk per fronteggiare l’emergenza e tamponare la crisi.
Ma si prevede che la carenza e il razionamento di uova nel Regno Unito dureranno oltre Natale, ha avvertito il British Egg Industry Council, causati sia dalla spirale dei costi (cioè il processo dinamico tra salari e prezzi che porta l’inflazione ad autoalimentarsi), che dal peggior attacco di influenza aviaria registrato negli ultimi venticinque anni.
Infatti, anche se è stata chiamata egg crisis, cioè crisi delle uova, in realtà si tratta più precisamente di un fenomeno di egg shortage, ovvero la circostanza per cui – nel mercato inglese – la domanda di uova ha superato (e continua a superare) la sua offerta.
Quali sono le cause?
Ma quali sono le cause di questa carenza di uova? Sicuramente, Brexit ha avuto un impatto negativo sulla supply chain (la catena di approvvigionamenti delle imprese) del Regno Unito, come aveva già analizzato a fondo Giorgio Poggio, managing director di Aprile. Ma in aggiunta a Brexit, ci sono altri fattori scatenanti.
Innanzitutto, la guerra in Ucraina ha provocato un drastico aumento del prezzo di cereali, mangimi, fertilizzanti (più del 50 per cento rispetto a prima dell’invasione russa) e come noto del prezzo dell’energia (in aumento del 40 per cento rispetto a prima della guerra). I costi elevati hanno dunque ridotto i margini dei ricavi per gli allevatori e conseguentemente rallentato la produzione di uova.
Ad aggravare la situazione, la spirale dei costi, causata dall’inflazione, ha incrinato ulteriormente i rapporti tra i rivenditori all’ingrosso e i loro fornitori. I grandi gruppi di supermercati infatti restano molto vincolati dal costo aggiuntivo massimo che possono trasferire sui consumatori finali, e per questo, non riescono a raggiungere accordi che siano sostenibili per gli allevatori di galline da uova.
Come se non bastasse, un’epidemia di influenza aviaria sta decimando il pollame come non succedeva da venticinque anni. La British Free Range Egg Producers Association ha affermato che gli abbattimenti correlati all’influenza aviaria hanno provocato la morte di 750 mila galline da uova solo dal primo di ottobre, rispetto agli 1,8 milioni dell’intero anno scorso.
La crisi durerà ben oltre il Natale
Secondo un sondaggio della British Egg Industry Council, un terzo degli allevatori sta spontaneamente riducendo gli allevamenti di galline o sospendendo del tutto la pruduzione di uova per queste ragioni.
Andrew Joret, presidente del British Egg Industry Council, ha dichiarato al The Guardian che «Molti produttori di uova non hanno avuto altra scelta che cessare la produzione piuttosto che affrontare il rischio di perdere denaro su ogni uovo che producono», avvertendo che «Non è ancora chiaro cosa riserverà il futuro, ma sicuramente la crisi durerà ben oltre il Natale».
Andrew Opie, director per cibo e sostenibilità al British Retail Consortium, ha confermato a Bloomberg che «È molto difficile da prevedere, ma possiamo certamente vedere carenze che durano fino a dopo Natale».
Lo stesso hanno dichiarato i portavoce di BFREPA (British Free Range Egg Producers Association) e RSPCA (Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals).
Tesco e Aldi stanziano 26,4 milioni, Sainsbury’s guarda all’Ue
Intanto, Tesco ha confermato il suo impegno a fornire ulteriori 13,9 milioni di sterline (16 milioni di euro) di supporto agli allevatori inglesi fino a marzo 2023. Aldi ha dichiarato che contribuirà con altri 12,5 milioni di sterline (14,5 milioni di euro) per lo stesso periodo.
I sostegni saranno pagati ai fornitori inglesi per coprire i costi di lavorazione e produzione di uova, compresi eventuali aumenti dei prezzi di cereali, mangimi e fertilizzanti.
Invece, alcuni rivenditori del Regno Unito, tra cui Sainsbury’s, hanno iniziato a guardare all’Ue, e sopratutto all’Italia, per compensare la carenza di uova, suscitando indignazione da parte degli allevatori britannici.
Ma con il Natale alle porte, che coincide con un momento di drastico aumento nella richiesta di uova, oltre al razionamento non sembrano essere possibili altre soluzioni per tamponare l’emergenza nel breve periodo.
Come del resto ha sottolineato Robin Manning, director del Bab (British Agriculture Bureau) a Bruxelles in una nota: «Per mantenere la disponibilità di uova in vista del Natale non c’erano altre soluzioni che rivolgersi al mercato europeo, e probabilmente non sarà abbastanza. È un problema serio con cui bisognerà fare i conti a lungo termine».
La soluzione alla mancanza di uova potrebbe quindi essere più complessa e lunga di quanto desideriamo per il Regno Unito, con la possibilità – tutt’altro che remota – che si espanda rapidamente agli Stati Uniti e all’Europa.