Si festeggia il 7 maggio A Clerkenwell il 25esimo compleanno di Mondo Italiano, l’associazione di volontariato che opera al servizio della comunitàà italiana in Uk. Ne parliamo con Alessandro Gaglione.
MondoItaliano, compleanno speciale: il 7 maggio grande festa per i 25 anni
La sera di mercoledì 7 maggio sarà un momento importante per la comunità italiana che vive, opera, lavora e crea tessuto sociale nel Regno Unito. L’Associazione di Volontariato MONDOITALIANO celebra ufficialmente i suoi primi 25 anni di vita e di presenza assidua, costante, imprescindibile per tutti coloro che finora hanno usufruito del suo servizio in molti dei settori sociali in cui gli italiani in UK sono stati coinvolti e per cui hanno avuto (e hanno) bisogno di aiuto.
Dalle 18 alle 20, la Casa Italiana San Vincenzo Pallotti in Clerkenwell Road a Londra ospiterà i tanti amici di MONDOITALIANO per raccontare la storia dell’Associazione con belle testimonianze e la presentazione dei risultati del sondaggio, promosso dall’Associazione stessa, sull’insegnamento della Storia dell’Emigrazione Italiana nelle scuole italiane.
Abbiamo parlato di MONDOITALIANO con chi ci ha creduto fin dall’inizio, ha contribuito alla sua nascita e da 25 anni ne porta avanti le attività in maniera importante: Alessandro Gaglione, Avvocato e Notaio italiano che opera da molti anni a Londra.
“Mondoitaliano è un’associazione che persegue un fine caritatevole, appunto si chiama Associazione di Volontariato perché trae la sua forza, il suo sostentamento, il suo sostegno dall’impegno dei volontari. Quindi tutte le attività che vengono svolte, è perché ci sono persone che nei loro campi, nei loro settori, nelle loro aree, dedicano a titolo volontario il proprio tempo al perseguimento degli scopi dell’associazione”.
Come può essere definito il suo ruolo all’interno di Mondoitaliano? Fondatore principale, presidente?
“Anzitutto è importante secondo me dire che l’associazione nasce esattamente il 12 aprile del 2000, me lo ricordo bene, perché era un periodo storico in cui ancora c’era una diversa percezione, diciamo così, degli italiani all’estero. Ora è tutto più semplice, si viaggia, c’è internet, si comunica in maniera diversa rispetto a venticinque anni fa.
Ora si parla con contezza dei sei milioni di italiani all’estero, ma all’epoca la percezione era diversa.
Noi già negli anni ‘90 avevamo individuato una comunità di italiani all’estero importante, che aveva bisogno di una serie di attività di supporto, sia in Italia che all’estero.
Nel nostro settore, quello legale, c’erano tante persone che avevano necessità di assistenza per espletare pratiche legali in Italia. Uno degli aspetti è quello dell’assistenza di natura giuridica, che nasce per assistere gli italiani all’estero su pratiche legali in Italia, ma ci sono anche assistenze al rientro, con italiani di seconda, terza o quarta generazione che volevano tornare in Italia, ma avevano difficoltà. Oggi è molto più semplice, si cerca su internet.
Un altro esempio: oggi c’è tutto un movimento che si chiama turismo delle radici, in cui il governo favorisce il ritorno in Italia dei figli, dei nipoti, delle terze generazioni. Venticinque anni fa questa percezione del turismo delle radici, così come lo intendiamo ora, non c’era”.
MondoItaliano, un servizio di assistenza agli italiani
Quindi avete creato un servizio di assistenza vera e propria per colmare un vuoto…
“Sì, avevamo individuato la necessità di questi giovani che volevano tornare e uno degli scopi dell’associazione, a parte l’assistenza legale, era anche quello di accogliere gli italiani emigrati e/o i loro discendenti che tornavano in Italia, quindi un’attività svolta da un lato in incoming, con persone che avevano necessità di assistenza legale in Italia, perché volevano tornare in Italia.
Dall’altro lato invece è un’attività che si proietta verso l’estero, quindi c’è la promozione della lingua, della cultura, delle tradizioni italiane all’estero. Per italiani e non, perché noi supportiamo l’insegnamento della lingua italiana a tutti, chiunque può imparare l’italiano.
Un altro scopo dell’associazione è proprio quello di promuovere all’estero la cultura, l’arte, la lingua, le tradizioni italiane ed è sostanzialmente quello che poi si sta verificando in Inghilterra, perché l’associazione nasce a Roma, come associazione italiana che poi sviluppa le proprie attività anche in Inghilterra”.
Qualche esempio concreto delle vostre attività?
“Abbiamo alcuni volontari che sono delle guide, degli storici dell’arte, e organizziamo regolarmente delle visite ai musei inglesi dove sono custoditi i capolavori dell’arte italiana, dove portiamo soprattutto i ragazzi, ma non solo.
Poi organizziamo eventi informativi su questioni cross-border italiane e UK: in collaborazione con il Consolato Generale d’Italia a Londra abbiamo organizzato diversi incontri informativi su questioni cross-border, per esempio recentemente abbiamo parlato di separazioni e divorzi, ci sono molte coppie miste, italiane e inglesi, sposate che purtroppo si separano o divorziano.
Importante quindi avere chiarezza su quale legge si applica, italiana o inglese, quale tribunale si deve adire, italiano o inglese, è sempre un tema molto complesso. Quindi abbiamo fatto un bell’evento informativo in Consolato, gratuito, con una collega molto brava, che è venuta a parlare.
Poi sempre in Consolato abbiamo parlato dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici italiane, in UK, delle garanzie per la maternità, ecc. Con il Consolato abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione. Sulla diffusione della lingua italiana puntiamo molto”.
In che modo cercate di diffondere la conoscenza della lingua italiana in UK, con quali strumenti?
“La Scuola Italiana a Londra è un ente che, tra le altre cose, si occupa della gestione dei fondi che lo Stato italiano mette a disposizione per insegnare la lingua italiana all’estero. La Scuola Italiana a Londra ha dei corsi attivabili potenzialmente in tutta l’Inghilterra, quindi quello su cui noi ci attiviamo come associazione è quella di fare opera di sensibilizzazione presso i genitori italiani e non, perché abbiamo anche molti inglesi che fanno studiare l’italiano ai loro bambini, e questa è una grandissima soddisfazione.
Rimango molto male quando so di genitori italiani qui che decidono di non far studiare l’italiano ai loro figli, è una cosa che non riesco proprio a concepire: per quale motivo si vuole abdicare a questa forma di cultura, togliendo a un bambino, a un futuro ragazzo o ragazza la possibilità di accostarsi all’arte ed alla cultura italiana, in lingua madre, oppure ad un futuro professionista, lavoratore, un punto a favore per poter competere nel mondo del lavoro? Senza considerare tutti gli aspetti meravigliosi della cultura italiana, delle tradizioni”.
Un’associazione e una grande famiglia
Chi è stato esattamente, insieme a lei, a creare venticinque anni fa Mondoitaliano?
“Chi ha avuto l’idea iniziale, nel senso che ha visualizzato questa necessità, è stato mio papà. Angelo Gaglione. Anche per via del suo lavoro, perché facendo il notaio a Roma, era in contatto con tante persone che dall’estero si rivolgevano a lui per avere informazioni su come comportarsi, ad esempio, in caso di esecuzioni testamentarie quando il decesso di un italiano avviene all’estero. Lui aveva constatato questa necessità e ha deciso quindi di formare il gruppo in cui ha coinvolto noi figli ed altri parenti. Eravamo ragazzi, io all’epoca avevo ventiquattro anni.
Purtroppo papà non c’è più, ma noi siamo tre fratelli ed eravamo parte del gruppo dei fondatori, insieme a papà, più altre due o tre persone, sempre del nostro gruppo familiare.
Che c’è ancora, in questo momento nell’associazione ci siamo tutti noi di famiglia, io e i miei due fratelli. Si può dire che l’associazione fa parte del nostro DNA familiare.
E anche se papà fisicamente non c’è più, è come se ci fosse, è sempre con noi che invece fisicamente ci siamo, e siamo operativi sotto la denominazione Mondoitaliano, che adesso rappresenta una sorta di famiglia non naturale, perché si è allargata tantissimo, abbiamo tantissimi collaboratori. Ma lo zoccolo duro iniziale di 25 anni fa eravamo noi, e ci siamo ancora”.
Nel corso di questi 25 anni avrete assistito a un’evoluzione sociale e culturale della comunità italiana in UK. Secondo lei che tipo di evoluzione è stata?
“Innanzitutto la nostra storia nasce in Italia, 25 anni fa noi vedevamo questa comunità all’estero, dall’Italia, attraverso mezzi di comunicazione e di informazione completamente diversi da quelli che abbiamo oggi.
Dopo qualche anno ci siamo mossi alla volta dell’Inghilterra. Personalmente, la maggior parte di questi venticinque anni l’ho vissuta qua. Sono anzitutto cambiate le forme di comunicazione e sono cambiate anche le forme di viaggio. Potrebbero sembrare aspetti secondari, ma in realtà sono fondamentali, perché quando c’è comunicazione, quando c’è possibilità di viaggiare, il legame con l’Italia “perde” molto meno.
Tant’è vero che una volta si parlava di emigranti, termine che io ancora uso, con piacere, col quale molte volte mi definisco, ma che purtroppo per altri assume quasi un’accezione negativa. La parola “emigranti” fa pensare a persone con la valigia di cartone, e un basso livello scolastico. Invece tutti siamo emigranti.
Quindi il fatto che oggi si possa arrivare in Inghilterra, accendere il telefonino, andare su Facebook, chiamare casa, fa avvertire molto meno il distacco con l’Italia. Invece, vent’anni fa, viaggiare costava tantissimo. Telefonare anche.
Vent’anni fa, sembrava molto di più di stare all’estero, c’era molta meno gente, quindi anche numericamente oggi Londra è una città italiana a tutti gli effetti, sia numericamente, sia come categorie di persone che ci vivono, medici, avvocati, notai, giudici, infermieri, giovani famiglie, professionisti, accademici, ricercatori, ecc.
Quindi oggi si sente molto meno il distacco per tutti questi motivi, sostanzialmente sembra di vivere in una città italiana. Qui, volendo, si potrebbe vivere, in italiano, con gli italiani facendo cose italiane dalla mattina alla sera.
Sicuramente prima non era così. Prima si era stranieri in un paese straniero, dove c’erano meno connazionali, dove non si trovavano con la facilità di oggi i prodotti tipici, ecc.
E’ cambiata la tipologia delle persone che emigrano in Inghilterra. Noi abbiamo avuto un’ondata migratoria enorme negli anni, gli italiani in Inghilterra hanno cominciato ad arrivare in massa dalla fine dell’Ottocento. La zona di Clerkenwell, dove sorge la chiesa italiana, era Little Italy, non a caso quella chiesa, costruita proprio alla fine dell’Ottocento, si trova lì. Adesso invece c’è un concetto di mobilità”.
Un concetto molto più fluido rispetto a quello di emigrazione?
“Esatto, perché una persona viene qui, ci resta due anni, poi magari la spostano a Singapore, poi ancora a Dubai, poi torna a Milano, gira insomma. Quindi quel concetto di emigrazione è meno marcato. Almeno a parole.
Perché poi nei fatti ci sono tanti, come il sottoscritto per esempio, che mette su famiglia, ha i ragazzi che vanno a scuola, soprattutto fa un lavoro come il mio, radicato sul territorio, perché il diritto è un’espressione del territorio, della socialità di un territorio, quindi anche volendo, il mio lavoro non mi permette di muovermi facilmente e di tornare in Italia.
Quindi, in sostanza, è cambiata innanzitutto la difficoltà, è cambiato il sacrificio, perché è vero che è sempre difficile vivere all’estero, ma non ci possiamo lamentare rispetto a quello che dovevano fare i nostri italiani di 50-60 anni fa.
Noi arriviamo con tutti i comforts, con i titoli di studio, parlando già l’inglese nella maggior parte dei casi, non scappando da una disperazione economica da dopoguerra.
Molte volte arriviamo qui col compagno o la compagna, col marito o con la moglie, invece prima i mariti partivano, magari restavano qui quattro-cinque anni da soli, con uno spirito d’accoglienza un po’ diverso.
Era più dura, per esempio se arrivavi qui potevi venire solo con un contratto di lavoro, non potevi cambiare lavoro per quattro anni, se volevi cambiare casa dovevi andare a chiedere il permesso alla Polizia. Noi tutte queste difficoltà non le abbiamo”.
Nonostante, come lei ha detto, le condizioni siano molto migliorate rispetto al passato, ci sono ancora dei problemi che ad oggi la comunità italiana in UK è costretta ad affrontare?
“Non posso non menzionare la Brexit, con quello che ha comportato. Come sappiamo, ha portato a un aumento della burocrazia, l’introduzione di visti, norme, questioni doganali.
Tutti siamo stati toccati, anche chi era già qui. Abbiamo dovuto fare una registrazione, entro una certa data, altrimenti avremmo corso il rischio di perdere il diritto di essere residenti qui, indipendentemente dal fatto di essere qui da uno, cinque o venti anni, quindi si immagini persone che erano qui da quarant’anni, si sono sentite da un momento all’altro in bilico, con il rischio di essere mandate via.
Per chi invece è in Italia, c’è la difficoltà di poter venire a lavorare qui. Per tutti gli anni in cui si è stati in Unione Europea la possibilità c’era, quanti ragazzi giovani sono venuti qui a fare un’esperienza come camerieri, poi magari hanno aperto un ristorante, o addirittura una catena di ristoranti.
Questo adesso non è più possibile in questi termini, perché non ci si può più svegliare una mattina e decidere di venire a Londra a fare un’esperienza, bisogna seguire tutto un iter burocratico molto più complesso.
Quindi sicuramente le difficoltà per i connazionali, che dall’Italia vogliano arrivare qui, o che siano già qui, sono sicuramente state acuite dal discorso Brexit, che ha stravolto un po’ la nostra vita in termini proprio normativi, sia dal punto di vista del diritto del lavoro che del diritto dell’immigrazione. Sono queste le difficoltà con cui i nostri connazionali ancora oggi si scontrano”.