A.P. Giannini: il migrante italiano che rivoluzionò la finanza e Hollywood

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Le registe e produttrici Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto al Vornado, San Francisco (copyright)
Le registe e produttrici Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto al Vornado, San Francisco (copyright)

In questa intervista rilasciata a Londra Notizie 24 le registe e produttrici cinematografiche Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto ci raccontano del loro documentario A.P. Giannini BANK TO THE FUTURE, incentrato sulla storia di un incredibile migrante italiano a San Francisco.

Che cosa hanno in comune Charlie Chaplin, il concetto di finanza etica e il Golden Gate Bridge? Un solo nome: Amadeo Peter Giannini. Figlio di migranti italiani a San Francisco e fondatore di Bank of America, A. P. Giannini fu l’uomo che rivoluzionò il mondo della finanza elargendo prestiti a comunità marginalizzate durante le peggiori crisi economiche di tutti i tempi,  contribuendo alla nascita di Hollywood, aiutando personaggi come Charlie Chaplin, Walter Disney, e Frank Capra, e al finanziamento di grandi opere come appunto il Golden Gate Bridge. Le due registe e produttrici cinematografiche Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto, entrambe residenti a Londra, ci hanno raccontato del loro documentario A. P. Giannini BANK TO THE FUTURE, che ha visto la sua prima italiana al Catania Film Fest, lo scorso 16 novembre.

Come nasce la vostra passione per il cinema?

Cecilia: La passione mi è stata trasmessa fin da piccola, da mia nonna e soprattutto da mia madre. Insieme a loro, ho guardato centinaia di film, alcuni dei quali hanno lasciato un segno profondo non solo dal punto di vista estetico, ma anche in termini di consapevolezza sociale. Quando qualcuno mi chiede quali siano i film che mi hanno colpita, trovo difficile rispondere. Quello che sento come cinema importante per me spazia in un ampio arco, da “Lo Specchio della Vita” (1959) a “Serpico” (1973) e tutto ciò che si trova nel mezzo. Senza dimenticare Barbie (2023)!

Sinceramente, da spettatrice non avrei mai pensato di diventare parte di questo mondo, poiché sembrava molto lontano da me. Mi sono avvicinata solo quando ho cominciato a lavorare come producer per l’ufficio di corrispondenza RAI a Londra. Poi, dopo un periodo in Italia, davanti alle telecamere di AntennaTre Nordest ho deciso di lanciarmi nella regia con il genere che era diventata una passione: il documentario.

Valentina: A differenza di Cecilia nella mia famiglia non c’è mai stata una grande passione per il cinema. Ma io sono nata nel 1989 e cresciuta negli anni ‘90 e 2000 con la televisione commerciale che ha portato il cinema e le serie direttamente nelle case delle persone. Mi sono appassionata così, guardando film tutti i giorni. Mi piaceva l’idea di poter evadere dalla quotidianità grazie alle storie che vedevo sullo schermo.

Le registe e produttrici Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto al Vornado, San Francisco (copyright Daitona, Preston Witman Productions).
Le registe e produttrici Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto al Vornado, San Francisco (copyright Daitona, Preston Witman Productions).

Cosa vi ha portate a Londra? 

Cecilia: Io sono arrivata a Londra nel ‘94 per l’Università, per il BA avevo studiato Relazioni Internazionali e Comunicazione, che all’epoca era un indirizzo nuovo. Londra perché volevo essere libera, vivere all’estero ma non troppo lontana dalla famiglia in Italia, a cui sono molto legata. Poi, poco dopo l’università ho creato la mia famiglia a Londra, and the rest is history, come si dice.

Valentina: Dopo la laurea magistrale in Cinema conseguita alla Sapienza, mi sono trasferita a Londra nel 2013 per conseguire il Dottorato di Ricerca in Film presso University of Westminster, che ho completato nel 2017.

Vi siete dunque conosciute frequentando lo stesso dottorato di ricerca presso l’University of Westminster. Cosa vi ha avvicinate e poi spinto a collaborare?

Cecilia: Ci siamo conosciute all’università durante l’annuale conferenza, quando i ricercatori devono presentare i loro ultimi findings. Nessuno aveva molto di nuovo da raccontare ma almeno alla pausa caffè ci siamo fatte qualche risata e poi abbiamo scoperto di avere passioni cinematografiche in comune come Lina Wertmuller. Il primo lavoro che abbiamo fatto insieme è stato organizzare una retrospettiva del suo lavoro. Non è stato facile far capire lo spirito così originale della regista in un contesto dove molti curatori preferiscono rimanere safe, ma il challenge è stato ripagato con un grande riscontro del pubblico.

Valentina: Esattamente, poi ci siamo rese conto che entrambe avevamo la nostra casa di produzione. Cecilia ha fondato Preston Witman Productions nel 2011 a Londra e io nel 2016 Daitona, a Roma, insieme ai miei soci Lorenzo Giovenga e Lorenzo Lazzarini. Da qui abbiamo capito che c’era possibilità di collaborare in maniera strutturata, ed è così che abbiamo iniziato a sviluppare e produrre alcuni progetti insieme.

Normalizzare il fatto che una ragazza può aprire una casa di produzione, essere una CEO, una regista, un’autrice

Che differenza c’è nel fare cinema in Italia e in UK, soprattutto per una donna?

Valentina: Questa è una domanda che mi viene rivolta praticamente sempre nelle interviste in Italia, ovviamente non si rivolge mai a un uomo. Dalla mia esperienza personale secondo me si deve partire dalla formazione e svolgere un lavoro culturale: normalizzare il fatto che una ragazza può aprire una casa di produzione, essere una CEO, una regista, un’autrice. Lo stesso lavoro si deve fare con i ragazzi, ma per loro il fattore penalizzante è di solito principalmente il fattore economico-sociale e non di genere.

Un ragazzo che proviene da una famiglia svantaggiata non pensa automaticamente di poter aprire una casa di produzione o di diventare capo reparto in poco tempo. Per le ragazze vale lo stesso discorso, ma si somma la questione di genere oltre a quella economico-sociale. Nel mio caso, quando io e i miei soci abbiamo deciso di aprire una casa di produzione il fattore determinante è stato per me il parere della mia famiglia e in particolar modo di mio padre che mi ha detto “lo puoi fare, se le cose non vanno mal che vada chiudete la società e nel frattempo avrai imparato qualcosa”. È un approccio molto diverso da quello più tradizionalista che vede le ragazze preoccuparsi di mettere su famiglia come priorità una volta conclusi gli studi.

Come avete scoperto A.P. Giannini, personaggio sfortunatamente ancora poco noto in Italia prima del vostro documentario, e quali sono gli aspetti della sua vita e del suo operato che vi hanno colpite di più?

Cecilia: Durante il primo lockdown abbiamo passato come tutti un periodo molto difficile, ancor più del mio quello di Valentina che essendo di Bergamo ha vissuto da lontano un periodo tragico. Eravamo in contatto costante per parlare delle nostre case di produzione e pensare a delle soluzioni e come si sarebbe lavorato in un futuro. Proprio in quel periodo, casualmente, avevo trovato un video online che spiegava la storia di Giannini.

Ero rimasta colpita e l’ho mandato subito a Valentina con una riflessione semplice sul fatto che in quel momento buio per il paese ma anche globale ci vorrebbe un nuovo Giannini. Valentina mi ha risposto dopo poco dicendomi ”Dobbiamo farne un film” e così fiduciose di una storia necessaria in quel periodo storico ci siamo buttate su un lungo periodo di ricerca. Quello che mi ha fatto riflettere forse di più è la sua forza di carattere, nel fare le cose e raggiungere gli obiettivi su cui nessuno crede. Ci vuole non solo grande intelligenza ma molta determinazione. Che poi naturalmente ha trasmesso anche a tutte le persone e i progetti che ha finanziato, un ottimismo verso il futuro.

Valentina: Il film ha iniziato il suo sviluppo nel 2020, in pieno lockdown. Fondamentale è stato aver vinto i Contributi Selettivi Sviluppo e Pre-Produzione, che ci ha permesso di sostenere molti dei costi di ricerca e agevolato il passaggio in produzione alcuni mesi dopo.

A.P. Giannini BANK TO THE FUTURE (copyright Daitona, Preston Witman Productions).
A.P. Giannini BANK TO THE FUTURE (copyright Daitona, Preston Witman Productions).

Come mai avete scelto di farne proprio un documentario?

Cecilia: Il mio interesse è quello del documentario: osservare, capire una storia. Per me è sempre il primo approccio a qualsiasi soggetto. Poi Valentina ha avuto la giusta idea di scrivere la sceneggiatura per il biopic, una prima per me e un’occasione per sfidare me stessa.

Valentina: Sicuramente, nel cinema indipendente i costi del documentario sono notevolmente più bassi di un film storico in costume, come nel caso di un adattamento sul grande schermo della storia di A.P. Giannini. Inoltre, la storia è poco conosciuta, avremmo dovuto consultare comunque archivi, parlare con molte persone, andare di persona nei luoghi chiave di questa storia come la ex-miniera di Bodie, oggi parco nazionale, o la stessa città di San Francisco e Hollywood. Semplicemente abbiamo portato la telecamera con noi per documentare queste fasi, pensando al documentario come uno strumento privilegiato di ricerca.

Il documentario è una grande occasione di creatività per poter enfatizzare e capire la realtà

Quali sono le sfide più grandi da affrontare nel realizzare un documentario rispetto ad un fiction film?

Cecilia: Io non ho esperienza di fiction anche se, pur tardi, mi sono lanciata. Al momento sto scrivendo le mie prime sceneggiature ed è un lavoro che sto imparando. La mia ambizione finora è sempre stata quella di trovare il bello e l’avvincente nella realtà, il documentario per me è una grande occasione di creatività per poter enfatizzare e capire la realtà.

Valentina: Nella fiction si fa molto lavoro in preparazione e, tolte situazioni eccezionali, una volta detto “azione” si sa già cosa si va a riprendere. Nel documentario è l’opposto: quando accendi la telecamera non sai mai cosa può succedere e soprattutto, per non perdere la spontaneità delle testimonianze raccolte, le scene non si possono rifare. Il documentario ti insegna che la vita non concede seconde possibilità una volta perso il momento. La fiction invece permette il controllo praticamente totale sulla scena. A livello produttivo il documentario è molto piacevole – le giornate sono lunghe ma estremamente divertenti – finisci in posti assurdi che altrimenti non avresti mai visto nella vita, in compagnia di persone che non pensavi avresti mai conosciuto.

Le registe Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto presentano A.P. GIannini - Bank to the Future a NYC (copyright Daitona, Preston Witman Productions.
Le registe Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto presentano A.P. GIannini – Bank to the Future a NYC (copyright Daitona, Preston Witman Productions).

Com’è nata l’idea del titolo A.P. GIANNINI – BANK TO THE FUTURE?

Cecilia: Abbiamo avuto varie sessioni di brainstorming durante lo sviluppo di questo film e questo titolo Valentina lo ha buttato lì… Quasi come gancio, ma a me è piaciuto subito perché racchiude veramente lo spirito del soggetto: un uomo che credeva e investiva nel futuro. Naturalmente, il riferimento al famoso film fa sorridere molti e questo anche ci piace perché portiamo una bella storia al cinema, non un film sensazionalista.

È stato difficile reperire fonti e testimonianze? E come siete state accolte dai/dalle discendenti di A.P. Giannini?

Cecilia: Il periodo di sviluppo dove abbiamo cercato i soggetti che ci potevano parlare di Giannini è stato nel 2020 e parte del 2021 quindi reso difficile da vari e alternati lockdown durante i quali cercavamo, con notti passate a chiamare gli Stati Uniti, di ritrovare numeri di telefono e le persone giuste con cui parlare. Finalmente arrivate a Virginia Hammerness, la nipote di A.P. Giannini, è stato molto emozionante.

Penso spesso a quella prima telefonata, quando finalmente l’ho raggiunta e le ho chiesto se era veramente lei al telefono e con un tono carino mi ha risposto “Yes, this is she”. Lei è stata molto aperta e felice di parlarci, curiosa anche di conoscerci, due Italiane a Londra… Una persona non solo gentile e disponibile a parlare della storia di suo nonno e della sua famiglia, ma soprattutto una signora molto simpatica che quando siamo finalmente arrivate in California in 2022 per intervistarla ci ha accolte molto calorosamente.

Valentina: Esattamente. Oltre a lei avevamo anche concordato le interviste più “istituzionali” del film, come quelle con la biografa Francesca Valente, con il responsabile degli archivi dell’Academy Warren Sherk o con la ranger di Bodie State Park per il segmento sulla caccia all’oro. Una volta arrivati a San Francisco si è sparsa la voce che qualcuno stava girando un documentario su A.P. Giannini e a poco a poco abbiamo conosciuto i discendenti della comunità italo americana, i cui antenati avevano avuto un contatto diretto con A.P. Giannini.

La distribuzione italiana e internazionale del documetario per il 2024 è in fase di finalizzazione

Ci sono degli aneddoti/episodi particolari avvenuti durante la realizzazione del documentario che vorreste condividere con le lettrici e i lettori?

Cecilia: Per esempio i Giusti…come ha menzionato Valentina, il bello del documentario sono gli imprevisti che portano a delle belle scoperte. Eravamo dirette per fare un’intervista in un paesino remoto in California ma causa tempesta di neve è saltata. Ci siamo rifugiati in un piccolo cafè che sorprendentemente aveva dei prodotti italiani molto di nicchia, proprio un bel posto in mezzo al nulla o per lo meno, in mezzo ad una foresta coperta di neve. Dopo la zuppa per riscaldarci siamo andati a pagare il conto e la proprietaria era incuriosita perché parlavamo italiano e evidentemente il loro bar non è una meta turistica.

Le ho spiegato che eravamo in viaggio ma che l’intervista era saltata ed eravamo tristi ma lei ci ha detto che aveva la storia giusta per noi. Ci rivela che la sua famiglia aveva iniziato una farm proprio con un prestito di Bank of Italy, il nome della banca prima che diventasse Bank of America, quindi un prestito diretto di Giannini. Dopo un paio d’ore di viaggio siamo arrivati alla farm e ci hanno presentato anche la famiglia Giusti, altri agricoltori della zona che avevano ricevuto dei prestiti da Giannini. Loro perdipiù hanno un incredibile archivio familiare in cui hanno ancora i documenti dei prestiti di cento anni fa. In un certo senso il lavoro del documentario è ricerca e preparazione affiancati da una buona dose di avventura e fortuna.

Com’è stata l’esperienza del Catania Film Fest e come è stato accolto il vostro film dal pubblico e dalla critica?

Valentina: A ottobre 2023 abbiamo colto l’occasione del mese dedicato alla cultura italiana in America per presentare in anteprima il film negli USA. Abbiamo toccato città come New York, Washington, San Francisco, Niles e Berkeley, in una serie di eventi sold-out. Dopodiché il 16 novembre il film è stato presentato in anteprima al Catania Film Fest. È stato molto emozionante ripercorrere in pratica il viaggio dei migranti a ritroso – partire dagli USA e tornare in Italia – per restituire la storia alla comunità italiana, dove tutto  iniziato. La proiezione ha avuto un’ottima partecipazione e riscontro di critica. Ora stiamo finalizzando la distribuzione italiana e internazionale per il 2024, insieme al nostro Sales americano California Pictures e alle nostre case di produzione Daitona e Preston Witman Productions.

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