Al MimeLondon 2025 va in scena The Rite of Spring dell’italiana Dewey Dell. Fino a sabato 25 gennaio l’appuntamento è alla Queen Elizabeth Hall del Southbank Centre di Londra.
Al MimeLondon 2025 va in scena The Rite of Spring dell’italiana Dewey Dell
E’ solo alla sua seconda edizione, anche se in verità potrebbe essere la
quarantanovesima.
Stiamo parlando di quello che fino al 2023 veniva chiamato London International
Mime Festival, a nostro avviso uno dei festival di arti performative irrinunciabili della
capitale britannica.
Da un paio di anni ha cambiato il nome in MimeLondon e per fortuna, solo quello. La
rassegna 2025 cominciata la scorsa settimana vanta in programma un gradito ritorno
tutto italiano.
Parliamo e ne abbiamo parlato proprio con la compagnia di danza Dewey Dell che
quest’anno presenta il suo famoso The Rite of Spring (vincitore del premio Danza & Danza 2023 come produzione italiana).
Come nasce la compagnia Dewey Dell?
“Dewey Dell è nata nel 2006 da alcuni ragazzi con avevano il desiderio di creare qualcosa insieme. All’inizio quello che era una forma di passatempo per sfuggire alla noia di una città di provincia, con il tempo è diventato sempre più “serio” fino a diventare, in età adulta, la nostra professione.
La compagnia è formata da Agata Castellucci, Teodora Castellucci, Vito Matera e dal musicista Demetrio Castellucci. Sin dall’inizio, Dewey Dell ha svolto un lavoro molto attento su diversi aspetti nella performance.
Non solo sulla fisicità, ma anche sull’espressione corporea e sulla creazione di esperienze immersive per il pubblico, spesso caratterizzate da una forte componente musicale. La danza si intreccia spesso con altri linguaggi espressivi da far sfuggire a volte il senso profondo della parola “danza”. Per noi il movimento è ovunque”.
La vostra compagnia ha un nome particolare, potete dirci i motivi della scelta di chiamarvi Dewey Dell?
“La compagnia prende il suo nome da uno dei personaggi del romanzo “Mentre morivo” di William Faulkner. Si tratta di una ragazzina di poche parole che si esprime soprattutto attraverso lo sguardo. Per noi il teatro è soprattutto uno scambio di sguardi, quello del pubblico e quello del “mondo” creato sulla scena verso il fuori, verso la realtà”.
Tornando al presente, non nuovi al palco del Mime di Londra, che ricordo avete delle vostre partecipazioni precedenti?
“La compagnia ha lavorato con Mime Festival sin dal 2017, con la rappresentazione al Barbican Pit del lavoro “Marzo”. Successivamente nel 2022 con la proiezione del corto “They Rise and They Fall”. Entrambe le esperienze sono state molto importanti seppur completamente diverse (“They Rise and They Fall” fu commissionato a distanza durante il periodo covid). Il dialogo con i direttori del Festival Helen Lannaghan e Joseph Seelig infatti è sempre stato aperto e di ampie vedute, le loro proposte ci hanno sempre entusiasmato. E’ proprio grazie a loro che oggi possiamo portare sul palco della Purcell Room del Southbank Centre la nostra ultima creazione “The Rite of Spring”.
L’opera di Igor Fëdorovič Stravinskij che Pina Bausch già nel’75 concepì con una coreografia senza orpelli, volta ad ed evidenziare con una certa forza espressiva la drammaticità della storia. Uno spettacolo che ha calcato le scene londinesi anche nei primi anni 2000. Pensate che il pubblico del Mime sarà portato al confrontare la vostra coreografia con il lavoro della ballerina e coreografa tedesca?
“Durante la creazione di questo lavoro abbiamo evitato di guardare altre interpretazioni di questa opera. Volevamo dare spazio alla musica e alle immagini che essa faceva fiorire nella nostra mente durante l’ascolto. Ne è nata una storia ambientata in un mondo microscopico naturale, dove la morte e la vita si intrecciano continuamente. Abbiamo riscoperto dunque, con sorpresa, quanto la musica stessa portasse da sola la narrazione originale, quella del sacrificio: della vita che muore per donare altra vita. Una dinamica che in natura si incontra spesso. Non abbiamo adattato o modificato nulla del lavoro per il pubblico inglese”.
La danza contemporanea rispecchia la società: secondo voi è vera questa affermazione? In particolare, oggi giorno si parla tanto dell’utilizzo dell’AI (Artificial Intelligence). Secondo voi può rappresentare una risorsa o una minaccia per le arti performative?
“In generale per noi il teatro e lo spettacolo dal vivo sono profondamente legati alla vita, alla sua contingenza e alla sua – possibile – inesistenza. Questo era molto chiaro durante il periodo covid; se la vita si ferma anche il teatro necessariamente si ferma.
Per noi la tecnologia AI fallisce nella creazione di un lavoro artistico, dunque non rappresenta alcuna minaccia. Le fondamenta di una spinta artistica di qualsiasi genere dovrebbero provenire da un vissuto profondo, non da radici posticce o improvvisate.
Il lavoro non si erge su una necessità effimera o da una idea trovata tramite AI, per tenere in piedi una idea nel campo dello spettacolo dal vivo ci vuole l’umano e la sua unica capacità di costruire storie stratificate tra i visibile e l’immaginato”.
Se poteste descrivere il vostro The Rite of Spring con solo 3 aggettivi quali sarebbero?
“Tellurico: la potenza del ritmo della musica di Stravinsky sembra smuovere la terra. Metamorfico, perché tutto è sempre in costante evoluzione e il terzo aggettivo è Sfrenato. La nostra pièce contiene delle scariche elettriche di energia e potenza sia musicale che fisica”.
Prossima tappa?
“The Rite of Spring parteciperà al Meetyou Festival di Valladolid (Spagna) il prossimo 8 marzo (Deweydell).
Oltre allo spettacolo sold out al MimeLondon, la compagnia è impegnata nella produzione di un lavoro profondamente ispirato al “Dido & Aeneas” di Henry Purcell (storia tratta dal Libro IV dell’Eneide di Virgilio) e che dovrebbe debuttare nel 2026.”