A un anno dal suo insediamento, il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra Francesco Bongarrà, racconta a Londra Notizie 24 i propositi che è riuscito a realizzare e gli obiettivi futuri del suo incarico.
Bongarrà, un anno di entusiasmo all’Istituto Italiano di Cultura di Londra
Francesco Bongarrà, giornalista, cronista di livello, esattamente un anno fa, il 15 Gennaio 2024, è stato nominato Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra.
E, appena insediato, ha deciso subito di dare un’impronta chiara e definita al suo modo di gestire una realtà così importante, che parla italiano a Londra e spicca il volo verso orizzonti sempre più ambiziosi. Ci siamo fatti raccontare direttamente da lui come sta vivendo questa esperienza allo stesso tempo complessa e prestigiosa.
Più partecipanti, più giovani: prima missione compiuta
Nel corso del suo primo anno da Direttore dell’IIC quali sono i buoni propositi che è riuscito a realizzare effettivamente e quali invece sono ancora quelli in attesa?
“A un anno appena trascorso posso dire “missione compiuta”, perché siamo riusciti a svecchiare la presenza ai nostri eventi. L’età media di chi partecipa sì è molto abbassata. Prima era abbastanza alta, adesso abbiamo tantissimi giovani che vengono.
Così come è anche aumentata di molto la partecipazione. Noi “viaggiamo” su un centinaio di persone in media per ogni evento, significa che non andiamo mai sotto le ottanta-novanta persone partecipanti. Sembrano numeri piccoli, ma per Londra sono numeri molto alti.
Londra è una città che ha un’offerta culturale enorme, ogni giorno ci sono centinaia di eventi culturali, non tanto e non solo globali, ma anche del sistema Italia. Non capita raramente che nello stesso giorno ci siano eventi dell’Istituto, dell’Ambasciata e del Consolato.
Si potrebbe pensare che il bacino di utenza sia sempre lo stesso, ma noi siamo riusciti a diversificare così tanto l’outreach da permetterci di avere sempre gente diversa, nuova e giovane che partecipa alle nostre iniziative.
Questo è il segno di uno svecchiamento dei temi. Stiamo cercando di portare non più tanto e solo i grandi classici, la nostra letteratura classica, la musica classica o l’arte classica, ma mantenendo ferma la barra su quei temi che continuano a essere il nostro cardine, abbiamo affiancato tanti temi nuovi”.
Uscire dal tempio funziona
Mi fa qualche esempio?
“Abbiamo lanciato fortemente il design, con eventi molto importanti lo scorso anno, che hanno registrato il tutto esaurito. Ci siamo aperti alla musica elettronica. Abbiamo presentato in un festival fuori dall’Istituto uno spettacolo ispirato a Ennio Morricone. Tutto pieno, e gente in lista d’attesa.
L’anno prossimo si prevede ancora più scoppiettante, a partire da un accordo con la National Gallery a cui ho offerto la sede per tenere dei tocchi curatoriali delle mostre italiane che loro organizzano.
La National Gallery in questo momento è la più grande ambasciata d’Italia nel mondo perché il cinquanta per cento delle opere esposte, se non di più, sono opere italiane. Con un museo che non si può non visitare se si viene a Londra.
Quindi noi, per esempio, terremo, e sarà la prima volta che questo accade all’esterno della National Gallery, dei tocchi curatoriali della mostra sul Parmigianino.
E’ il concetto di “uscire dal tempio”, se tu esci, abbandoni la tua comfort zone, e cominci ad andare a cercare persone e istituzioni esterne, funziona”.
Chi e cos’altro è andato a cercare, per esempio?
“Ho aperto una strada con l’Università di Cambridge, grazie all’Ambasciatore: appena mi sono insediato mi ha portato con lui in visita a Cambridge.
Lì ho conosciuto il Pembroke College e lì quest’anno presentiamo il libro “Il Regno Fragile” di Tiziana Prezzo, corrispondente di Sky TG24 da Londra. Il libro racconta questo Paese dalla morte della regina Elisabetta fino alla vittoria dei Laburisti lo scorso Luglio. Per la prima volta presentiamo un libro italiano all’Università di Cambridge.
Parliamo a più mondi, a più persone. L’anno scorso abbiamo avuto per tre serate tutti gli italiani che lavorano nell’industria filmica britannica. È stata un’occasione per fare confrontare queste persone per far raccontare a tutti le loro esperienze. Parliamo di produttori, truccatori, scenografi. E tutto questo è servito a far sì che l’istituto fosse anche un punto di incontro. Si è creato un network, queste persone parlano tra loro, ti conoscono e ti riconoscono”.
Quattro o cinque eventi a settimana, e tutti ne parlano
Lei arriva dal giornalismo importante: è un’esperienza che l’ha aiutata dovendo affrontare un incarico così prestigioso?
“Vado a bussare alle porte, penso che qualcuno dovrà pure aprirmi. Se non provo a bussare non saprò mai come può andare a finire.
Io nasco come cronista e da cronista guardo i fatti. L’età media del turnout è diminuita. La media dei partecipanti è aumentata. La gente viene ed è contenta. Italiani e inglesi. La gente viene e si incontra.
La gente parla di quello che succede in Istituto. E anche la stampa.
Se va sulla sezione del nostro sito dedicata alla rassegna stampa, vedrà che abbiamo dovuto scrivere cinquecento articoli dedicati a quello che abbiamo fatto l’anno scorso.
Non è poco, sulla stampa inglese, ma anche su quella italiana. Quello che noi abbiamo fatto ha riscosso interesse.
O probabilmente siamo stati bravi noi a far sì che questo interesse venisse colto. Ci siamo forse venduti meglio. E chiaramente non finisce qui.
I risultati buoni del primo anno ti spingono a metterti in crisi e a fare meglio nell’anno successivo.
La squadra sta lavorando. Se c’è una cosa che devo dire è che ho sottoposto il team a uno stress fortissimo. Però il team ha riconosciuto l’impostazione e l’ha condivisa pienamente.
Noi facciamo quattro-cinque eventi a settimana. Praticamente, uno al giorno. Con un’audience diversa e diversificata perché le cose che offriamo sono diverse e diversificate”.

Londra è un posto dove i vuoti non esistono
Secondo lei quanto è cambiata Londra sia nel corso dell’ultimo anno che in generale?
“Questa è una città dove le cose succedono prima. dove le tendenze vengono anticipate nel bene e nel male. Sebbene secondo me ormai il tema delle generazioni sia distrutto da un’accelerazione irrefrenabile delle cose, comunque qui le cose succedono prima, le tendenze si definiscono prima qui che altrove.
Malgrado ci siano stati degli anni in cui qualcuno ha deciso di andare via, questo è un posto dove si è sempre operato per compensazione: a fronte di uno che andava via c’era un altro che arrivava, a fronte di una tendenza che veniva meno ce n’era un altra che si affermava.
Penso che questo rimanga sempre uno dei posti più “sfidanti” che probabilmente può aver perso dei treni, ma tutti hanno perso dei treni.
Ricordo che quando Pierluigi Magnaschi, direttore dell’Ansa mi disse ‘Ti mando a Berlino a fare il corrispondente’ e gli chiesi ‘Perché Berlino?’ lui mi disse ‘Se ti volessi mandare nel passato ti manderei a Parigi, se ti volessi mandare nel presente ti manderei a Londra o a New York, ma ti voglio mandare nel futuro e ti mando a Berlino.
Berlino poi ha perso la sfida rispetto al 2001, Londra e New York sono rimasti sempre a cavallo tra presente e futuro e di questo ti accorgi malgrado tutto, malgrado i fatti che conosciamo, malgrado le difficoltà che ci sono state. Però questa città, non il Paese ma questa città, è sempre lì a dare dei trend, a importi qualcosa, anche se non necessariamente in positivo.
La Brexit ha tagliato tante situazioni ma magari ne ha fatte crescere delle altre.
Questo è un posto dove i vuoti non esistono, durante quest’anno ho realizzato proprio questo”.
La comunità italiana nel Regno Unito: grande, attiva, vivace e importante
Quali sono le sfide quotidiane che si incontrano organizzando e gestendo attività rivolte ai nostri connazionali che vivono e lavorano a Londra e in UK?
“La comunità italiana di Londra è una delle più grandi del mondo: 375 mila persone tra Inghilterra e Galles, la seconda circoscrizione consolare più grande dopo quella di Buenos Aires se non sbaglio, in UK sono più o meno 450-500 mila persone.
Una comunità enorme e variegata, che è passata da essere una comunità di emigrazione basic ad essere una comunità di emigrazione di alto livello culturale, accademico, scientifico ed economico.
Tanti italiani lavorano nella City e nell’Università, ovunque lei va, in qualsiasi Università del Regno Unito trova l’italiano in una posizione veramente elevata e trova una comunità accademica italiana forte.
Con la Brexit qualcuno è andato via però ancora la gente continua a venire qui, lavorando e attivandosi nel miglior modo possibile.
La nostra funzione è quella di mantenere il legame con la madrepatria ma soprattutto quella di far conoscere al Paese che ci ospita il tanto di bello, di buono, di importante che nel nostro Paese si è fatto, si continua e si continuerà a fare”.
Ottimizzare gli sforzi, puntare sull’eccellenza. E nel futuro, Cambridge e Manchester
La difficoltà maggiore quando si fanno queste cose secondo lei qual è?
“La difficoltà maggiore per un direttore di una struttura importante come quella di Londra è fare la selezione perché sei inondato di proposte, tutto belle, però qua a Londra bisogna portare eccellenza perché sennò i risultati di cui ho parlato non si ottengono, e questo purtroppo tanta gente non lo capisce.
Ci sono dei “proponenti seriali” e io e i miei collaboratori passiamo le giornate a esaminare tutte queste proposte, e questa è una grande difficoltà.
Un’altra sono i soldi: io vorrei fare tante cose fuori, ho una bella sede però se volessi organizzare un evento in un teatro, affittare un teatro a Londra costa tantissimo, affittare uno spazio a Londra costa tantissimo, per questo cerchiamo di fare partnership con altri soggetti, cerchiamo anche di andare fuori Londra.
L’avvio delle attività organizzate con Cambridge va in questa direzione perché l’Università ci dà il teatro; anche Manchester per esempio potrebbe essere un’ottima piazza perché è una città culturalmente molto viva, dinamica, è un centro di tecnologia straordinario quindi magari là ti mettono a disposizione un teatro senza “tagliarti la testa sui prezzi”.
Italiani e britannici, un amore ricambiato
Secondo lei l’amore degli italiani nei confronti di Londra e del Regno Unito quanto è ricambiato dal popolo britannico?
“E’ un amore ricambiato, in altre interviste ho raccontato una storia che rende l’idea. L’amore degli inglesi verso di noi è il classico amore che avevamo noi da ragazzini per le ragazze.
Io da ragazzino frequentavo il liceo a Palermo e tutte le mattine mi mettevo sulla balaustra della scalinata, una scalinata maestosa, e stavo lì ad aspettare che questa ragazza di cui ero perdutamente innamorato mi passasse davanti e salisse questa scala. Non sono mai riuscito a dirle quanto mi piaceva.
Gli inglesi sono esattamente così, loro amano tutto quello che noi siamo, tutto quello che noi rappresentiamo nel bene e nel male, tutto quello che indossiamo, quello che mangiamo. Ma non sono capaci di dircelo, non ci riescono perché sono fatti così, hanno questa pudicizia emozionale che non emerge.
Ma loro sono innamorati dell’Italia, diversamente non avrebbero la National Gallery con tutte queste opere d’arte italiane esposte, e la Casa Reale non sarebbe proprietaria di sei Canaletto, diversamente non avremmo questa reazione di pubblico quando presentiamo qualcosa all’Istituto Italiano di Cultura. Noi siamo simpatici per definizione, siamo amati per definizione”.
Non ci resta che andare su https://iiclondra.esteri.it/it/ a scegliere quali eventi seguire in questo 2025 appena iniziato, che segna il primo anno della direzione IIC di Francesco Bongarrà. Illuminata, dinamica, eclettica. Immensamente italiana.